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Consigliere del primo ministro turco: Vogliamo cooperare con tutti i vicini

Manuela Borraccino
22 dicembre 2011
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Consigliere del primo ministro turco: Vogliamo cooperare con tutti i vicini
Ibrahim Kalin, consigliere del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan per la politica estera.

La Turchia «sostiene le legittime aspirazioni» del popolo siriano per la democrazia; ritiene che Israele debba «rivedere le sue politiche irresponsabili», continua a considerare l’adesione all’Unione Europea come un obiettivo strategico. Lo spiega a Terrasanta.net Ibrahim Kalin, consigliere del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan.


(Milano) – La Turchia «sostiene le legittime aspirazioni» del popolo siriano per la democrazia e la giustizia; ritiene che Israele dovrebbe «rivedere le sue politiche irresponsabili» che l’hanno isolata nella regione; nega che il sistema anti-missili che la Nato sta installando sul suo territorio sia puntato contro l’Iran e continua a considerare l’adesione all’Europa «uno degli obiettivi strategici della sua politica estera». È quanto spiega Ibrahim Kalin, consigliere speciale per gli Affari esteri del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, in questa intervista a Terrasanta.net.

La Turchia segue una politica di «zero problemi con i vicini». Ma la Primavera araba ha cambiato il quadro regionale. Qual è oggi l’agenda della vostra politica estera?
Abbiamo sviluppato e realizzato una politica di «zero problemi con i vicini» per creare un contesto regionale di massima cooperazione con i Paesi dell’area. Questa politica ci ha messo nelle condizioni di risolvere molte questioni spinose negli anni scorsi ed è ancora oggi una componente chiave della nostra politica estera, tanto che le relazioni tra i popoli della regione sono migliorate di gran lunga: è aumentato il commercio ed è cresciuta la mobilità delle persone, delle idee e dei beni primari. Questa cooperazione ha contribuito in modo sostanziale alla pace regionale e alla stabilità globale.

State accettando migliaia di profughi siriani alla frontiera, e il governo studia l’ipotesi di aprire un corridoio umanitario da Iskenderun con francesi, sauditi, americani. Cosa farete se la situazione dovesse peggiorare in Siria?
Sosteniamo le legittime aspirazioni del popolo arabo per la democrazia, lo Stato di diritto, la giustizia e la trasparenza. Questo è il messaggio che il primo ministro Erdogan ha mandato al presidente Bashar Al Assad, ma purtroppo i suoi appelli sono rimasti inascoltati. Il risultato è che il regime siriano ha perso legittimità agli occhi della sua gente e di quelli della maggior parte del mondo arabo e musulmano. Non possiamo essere amici di un regime che attacca il suo stesso popolo e uccide migliaia di persone come risposta alle legittime richieste di cambiamento.

La Turchia è stata dal 1949 all’anno scorso uno dei pochi alleati di Israele nella regione. Quali saranno le conseguenze del ridimensionamento dei rapporti diplomatici?
L’attuale governo israeliano è responsabile per l’attuale stato delle relazioni tra Turchia e Israele. Come avviene con altri Paesi, seguiamo il principio del reciproco interesse e rispetto basato sulla parità nei nostri rapporti con lo Stato di Israele. Come risultato delle sue politiche irresponsabili, Israele ha perso l’amicizia della Turchia e si è ulteriormente isolato nella regione. Le nuove dinamiche della Primavera araba dovrebbero essere una buona occasione per Israele per ridisegnare profondamente le sue priorità e le sue politiche erronee riguardanti il processo di pace in Medio Oriente e i rapporti con i suoi vicini.  

Siete preoccupati per il ritiro delle truppe americane dall’Iraq?
Il ritiro è un passo importante verso la normalizzazione del sistema politico e della struttura della sicurezza in Iraq. Gli iracheni affrontano numerose sfide interne e devono lavorare su di esse in uno spirito di unità nazionale e unire le loro risorse intellettuali e politiche sotto il vessillo di un unico Iraq unito, forte e stabile. Come abbiamo fatto in passato, continueremo a sostenere il popolo iracheno indipendentemente dall’appartenenza religiosa, settaria o etnica dei suoi cittadini.

Dopo aver sviluppato per anni ottimi rapporti di cooperazione con Teheran, perché ora state autorizzando il dispiegamento di un sistema anti-missilistico della Nato contro l’Iran?
Il sistema radar della Nato che verrà installato in Turchia è un sistema di difesa che non verrà diretto verso nessun Paese in particolare. Crediamo che il nuovo sistema di sicurezza della Nato, adottato nell’ultimo vertice di Lisbona (del novembre 2010 – ndr), non ponga alcuna minaccia ad altri Paesi non membri della Nato. L’Iran è un alleato chiave e un nostro vicino. Continueremo a lavorare insieme per la stabilità regionale.

Come vivete il congelamento del processo di adesione all’Unione Europea?
Divenire un membro a pieno titolo dell’Unione Europea resta un obiettivo strategico per la Turchia. Abbiamo realizzato riforme di ampio spettro sotto l’egida dell’Unione ed esse sono state cruciali per la nostra democrazia. Il governo turco è pienamente impegnato nell’obiettivo di diventare membro a pieno titolo e continuerà nel cammino di riforme economiche, politiche e legali per rientrare nei requisiti europei. Per fare questo ha istituito un ministero plenipotenziario per condurre i negoziati con l’Ue e monitorare il processo di riforma. Mentre la Turchia è trasparente sui suoi obiettivi strategici, alcuni Paesi come la Francia e la Germania si oppongono alla nostra adesione senza fornire alcun argomento convincente per la loro posizione. Noi riteniamo che un’Europa con la Turchia al suo interno sarà più forte. L’Europa non può dichiararsi un continente realmente multiculturale se dice no alla Turchia sulla base di considerazioni culturali, storiche e religiose. L’adesione della Turchia è cruciale se l’Unione Europea vuol davvero acquisire un vero ruolo globale.

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