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Il «nuovo Egitto», un parto difficile

Giuseppe Caffulli
31 maggio 2011
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Il «nuovo Egitto», un parto difficile
Studenti nella zona universitaria di Alessandria d'Egitto. I giovani sono stati decisivi nel rovesciamento del regime di Hosni Mubarak. (foto G. Caffulli)

Nell’Egitto che vuole cambiare si è appena aperta una settimana cruciale. Una commissione giuridica del Consiglio supremo delle forze armate presenterà al governo provvisorio un nuovo testo di legge sull’esercizio dei diritti politici. Norme che, se approvate, regoleranno le prossime elezioni politiche e presidenziali. Le possibili novità.


(Milano) – Nell’Egitto che vuole cambiare, la settimana che si è appena aperta potrebbe segnare una tappa importante. Una commissione giuridica del Consiglio supremo delle forze armate presenterà al Consiglio dei ministri un nuovo testo di legge sull’esercizio dei diritti politici. Si tratta della legge che, se approvata, dovrà regolare le prossime elezioni politiche di settembre e le presidenziali previste all’inizio dell’anno prossimo. Soprattutto in vista delle legislative autunnali, la revisione della legge per l’esercizio dei diritti civili appare importante. Il nuovo parlamento dovrà infatti aprire una vera e propria fase costituente, capace di disegnare il Paese che verrà. In questa chiave, due provvedimenti sono di vitale importanza: la legge sull’organizzazione dei partiti politici (già promulgata), e appunto la legge sull’esercizio dei diritti politici.

Retaggio dell’era Mubarak, queste ultime norme (emendate già una dozzina di volte, 11 solamente tra il 2000 e il 2010) verrebbero riviste in alcuni punti chiave. Per essere ammessi al voto servirebbe solo la carta d’identità (invece del certificato elettorale, di difficile reperimento soprattutto nelle aree rurali); sarebbe soppresso un macchinoso sistema di quote rosa; si ammetterebbero al voto gli egiziani all’estero; sarebbero previsti il divieto di usare temi religiosi per la propaganda elettorale, un accesso regolato ai mezzi di comunicazione sociale, l’esclusione dal voto dei membri delle forze armate e della polizia in servizio. Tra le novità del disegno di legge, una commissione giuridica chiamata a supervisionare e controllare gli scrutini, oltre a pene severe per il reato di voto di scambio.

Se gli emendamenti paiono graditi al «popolo di piazza Tahrir», non sembrano invece soddisfare i partiti tradizionali. L’accusa rivolta al Consiglio supremo è quella di procedere senza un confronto tra i principali partiti politici. In poche parole: di agire secondo un copione tutt’altro che democratico. Ma la preoccupazione maggiore è legata alla fretta. Dà voce a questa posizione, sul settimanale Al-Ahram, Ibrahim Darwich, una delle massime autorità egiziane in materia di diritto costituzionale, che invita a prendere in considerazione la possibilità di prolungare il periodo di transizione di un anno, per dare la possibilità ai partiti politici egiziani di organizzarsi e di elaborare proposte in merito alla legge sull’esercizio dei diritti politici.

Secondo gli osservatori di questioni egiziane, la battaglia per prolungare il periodo di transizione e procrastinare le elezioni (sia quelle di settembre che le presidenziali del 2012) nasconderebbe in realtà un’altra questione importante: la necessità di arginare l’egemonia che le forze armate esercitano oggi sulla scena politica egiziana.

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