Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Gli angeli, un ponte tra ebraismo e cristianesimo

padre Frédéric Manns ofm
26 gennaio 2011
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In un mondo dove il telefonino ha rivoluzionato i rapporti tra gli uomini, ha ancora senso credere agli angeli? O sono solo un retaggio delle culture mesopotamiche, semitiche e zoroastriane? Culture nelle quali l’uomo era ancora bloccato dalle paure e interrogava i cieli stellati alla ricerca di un segno soprannaturale?

Riflettiamo un secondo. Se, in nome della cultura postmoderna, cancellassimo gli angeli, cosa rimarrebbe del vangelo dell’infanzia di Gesù o della Bibbia stessa? Il Vangelo di Luca presenta gli angeli all’inizio e poi alla fine della vita di Cristo. L’angelo appare a Zaccaria in Luca 1, 11 e alle donne che scoprono la tomba vuota di Gesù un angelo dice: «Non è qui, è risorto» (Lc 24,6). È un angelo che annuncia a Maria la nascita del Salvatore (Lc 1,26-38). Ai pastori appaiono gli angeli (Lc 2,8-15). Un angelo rassicura Giuseppe (Mt 1,20), gli chiede di partire per l’Egitto (Mt 2,13) e poi di tornare in Galilea (Mt 2,19-22). Si tratta solo di poesia o di qualcosa di più serio?

Già nel libro della Genesi appaiono esseri misteriosi. Dopo il peccato di Adamo e di Eva, «Dio scacciò l’uomo e pose ad Oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante per custodire la via all’albero della vita» (Gn 3,24). Gli angeli intervengono continuamente nella Bibbia. Ricordiamo solo alcuni episodi tra i tanti: due angeli del Signore si presentarono a Lot per salvarlo della distruzione di Sodoma (Gn 19,1); nel libro dei Giudici un angelo appare alla moglie sterile di Manoah per annunciargli la nascita di colui che li salverà dai Filistei (Giudici 13,3-7), nel libro di Zaccaria un angelo compare al profeta per dargli delle istruzioni da parte di Dio (Zc 1,8-15).

Nella tradizione ebraica gli angeli furono creati il secondo giorno della creazione, giorno che non contiene la frase ricorrente «E Dio vide che era cosa buona», perché alcuni angeli si ribellano a Dio. Il trono di Dio è circondato da quattro angeli: Gabriele, Michaele, Raffaele e Uriele. Un esercito celeste sta intorno a Dio. Il libro di Ezechiele, nella descrizione del carro di Dio, menziona i cherubini, i viventi e gli Ofanim (Ez 1,4-28). Ognuna delle settanta nazioni esistenti, secondo Genesi 10, possiede un principe angelico che la protegge. Gesù, figlio di Israele, s’inserisce in questa tradizione: non bisogna scandalizzare i piccoli, perché i loro angeli contemplano il volto di Dio (Mt 18,10).

Compito primario degli angeli è quello di onorare Dio e di presentare agli uomini la volontà del Creatore. Sono dotati del dono della profezia e recano benedizioni secondo il volere di Dio.

Nelle sue omelie sul Vangelo di Luca, parlando della moltitudine dell’esercito celeste che si unisce all’angelo di Dio, Origene si chiede: «Chi erano gli  angeli che hanno raggiunto l’angelo del Signore?». La risposta viene offerta dalla tradizione ebraica. Erano gli angeli delle settanta  nazioni che ritenevano che, con la nascita di Gesù, il loro lavoro fosse finito, gli uomini diventati fratelli, le nazioni unite e le frontiere abolite. Per questo gli angeli annunciano ai pastori di Betlemme: «Oggi per voi è nato il Salvatore, quello che farà di tutte le nazioni l’unico popolo dei figli di Dio».

La presenza degli angeli nei Vangeli sottolinea l’ambiente ebraico che ha dato forma al Nuovo Testamento. E per questa ragione il Natale, anche nel nome degli angeli, dovrebbe diventare la festa dell’amicizia ebraico-cristiana.

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