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Cristiani in Medio Oriente, «grande vitalità e non solo conflitti»

Manuela Borraccino
11 ottobre 2010
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Cristiani in Medio Oriente, «grande vitalità e non solo conflitti»
(clicca sulla foto per lanciare il video)

Nella realtà delle Chiese del Medio Oriente non ci sono solo «conflitti, lacerazioni, ferite, divisioni, problemi», ma anche «vitalità, ricchezza, radici, senso di appartenenza, identità». Lo ha affermato ieri sera a Roma il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, inaugurando la mostra Abana Padre nostro Sguardi sui cristiani del Medio Oriente. La mostra è aperta al pubblico in via della Conciliazione fino al prossimo 24 ottobre.


(Roma) – Nella realtà delle Chiese del Medio Oriente non ci sono solo «conflitti, lacerazioni, ferite, divisioni, problemi» ma anche «vitalità, ricchezza, radici, senso di appartenenza, identità»: questo è il senso – ha affermato ieri sera con forza il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa – della mostra Abana, Padre nostro. Sguardi sui cristiani del Medio Oriente e delle iniziative promosse con Azione cattolica ed altre associazioni che dal 10 al 24 ottobre si svolgeranno nella sala della Fondazione Pio X, a margine del Sinodo sul Medio Oriente in corso in Vaticano.

Numerosi presuli e sacerdoti dei patriarcati e delle diocesi del Medio Oriente, oltre che della Curia romana, sono intervenuti ieri sera, insieme al pubblico e a vari giornalisti, all’inaugurazione della mostra in via della Conciliazione. «I cristiani sono chiamati a essere sale della terra, luce del mondo: anche in Terra Santa devono poter essere lievito nella massa» ha detto il segretario del Sinodo dei vescovi, mons. Nikola Eterović. «Il nostro auspicio è che, malgrado le difficoltà e la situazione drammatica che si registra in Iraq, si aprano spazi per la libertà di religione e di coscienza nell’area», ha detto.

«Il fatto di essere minoranza non ci dà alcun complesso di inferiorità», ha esordito il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Foaud Twal. Anche nelle sofferenze, ha detto, «restiamo fedeli alla nostra missione di amore, di solidarietà, di amicizia, di accoglienza». La «testimonianza» viene dalle tante opere educative, assistenziali e sociali delle Chiese, ha sottolineato, oltre che «dalla presenza di un centinaio di congregazioni religiose e di 14 case contemplative dove le claustrali non fanno che pregare». Certo, ha ammesso, tanto con i musulmani quanto con gli ebrei il dialogo non è facile, e tuttavia «anche se non abbiamo successo non dobbiamo disperare». «Per il momento il dialogo con i fratelli ebrei è difficile. Non sappiamo con chi dialogare: con i soldati ai check-point? Con i coloni degli insediamenti dove non si può entrare? Si è detto anni fa – ha ricordato Twal – che si trattava di un dialogo dell’occupante con l’occupato. Per questo dico: prima andatevene e poi possiamo dialogare. Penso che a Gerusalemme dobbiamo accettare di non capire tutto quello che succede… Ci basta pensare che la pace a cui aspiriamo non viene dalla geopolitica, dalle opzioni militari, dall’uso della forza, ma dalla pace che solo la comunione con Dio può dare».

Fra Pizzaballa ha ricordato come la rassegna culturale promossa dalle Edizioni Terra Santa in collaborazione con altre organizzazioni cattoliche rappresenti un invito a conoscere e far conoscere la vita dei cristiani in Medio Oriente, al di là gli stereotipi. «Non ci sono solo conflitti, lacerazioni, ferite, divisioni, problemi, ma anche vitalità, ricchezza, radici, senso di appartenenza, identità. Le iniziative che si svolgeranno qui in questi giorni sono importanti per far capire che la realtà della Terra Santa non è fatta solo di sofferenza ma anche di una grande forza, è importante sottolinearlo. Certo – ha ammesso – la realtà è talmente complessa che non si può pensare di far conoscere tutto in pochi giorni. Ma siamo tutti nati lì, se non ci fosse quella Terra perderemmo il legame fisico con quanto abbiamo di più caro. Spero perciò che queste giornate possano avere successo – ha concluso – e che siano un piccolo strumento di aiuto per dire quanto la Terra Santa sia vitale e vicino a noi».

Il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha auspicato che il Sinodo sia un segno per le Chiese del Medio Oriente dell’essere «non solo un cuore solo e un’anima sola», come recita il titolo, ma anche «una voce sola». Non nel senso dell’uniformità, ha spiegato, ma in quello della sintonia: «è un momento importante per far capire che tutti noi, tutti insieme cerchiamo di costruire con una sola voce le speranze e la missione delle Chiese del Medio Oriente».

Emilio Inzaurraga, coordinatore del segretariato Fiac (Forum internazionale di Azione cattolica ) e presidente dell’Azione cattolica argentina, nel suo breve intervento, si è augurato «che questi “sguardi”, seppur limitati, offrano l’opportunità di conoscere i testimoni e la vita della comunità cristiana, di affrontare temi e problemi, di assumere informazioni dirette e di approfondire le notizie, che spesso sono superficiali e insufficienti, su una realtà complessa e plurale».

Al termine degli interventi è stato proiettata una parte del video Benedetto XVI pellegrino in Terra Santa prodotto dal Centro televisivo vaticano in collaborazione con il Franciscan Multimedia Center. Un diario cronologico dell’intenso viaggio del Papa tedesco in Giordania, Israele e Territori palestinesi che vuol essere «un documentario per ricordare, per capire, per pregare».

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