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Nasce l’Adyan Project, verso un Erasmus del Mediterraneo

Manuela Borraccino
17 settembre 2010
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Nasce l’Adyan Project, verso un Erasmus del Mediterraneo

È senza precedenti il progetto-pilota lanciato dall'organizzazione non governativa libanese Adyan Foundation: una sorta di Erasmus virtuale allargato agli atenei della sponda sud del Mediterraneo che ha per oggetto gli argomenti ineludibili dell'integrazione delle minoranze e del rapporto fra fede, identità e ordinamenti civili nelle società multiculturali e multireligiose.


(Milano) – Hanno fra i 22 e i 28 anni. Sono iscritti ai Master di cinque diverse università di Egitto, Italia, Libano, Polonia. Si sono dati appuntamento per ottobre nel non-luogo per eccellenza, una piattaforma online, per iniziare un viaggio di riflessione su tre temi cruciali tanto per il futuro dell’Europa come per quello delle società arabe: l’integrazione dei musulmani in Europa; la presenza dei cristiani in Medio Oriente; gli obiettivi e le modalità del dialogo interculturale e inter-religioso.

È senza precedenti il progetto-pilota lanciato per 18 studenti e 6 docenti «facilitatori» dall’organizzazione non governativa libanese Adyan Foundation: una sorta di Erasmus virtuale allargato agli atenei della sponda sud del Mediterraneo che ha per oggetto gli argomenti ineludibili dell’integrazione delle minoranze e del rapporto fra fede, identità e ordinamenti civili nelle società multiculturali e multireligiose.

A differenza del programma universitario europeo basato sulla mobilità studentesca, l’Understanding programme della Adyan Foundation sfrutta le illimitate opportunità offerte da Internet coinvolgendo potenzialmente molti più studenti di quelli che in questi 20 anni hanno potuto permettersi un semestre all’estero: l’incontro di una settimana fra gli studenti è rimandato alla fine del corso in uno dei Paesi partecipanti. L’edizione sperimentale dell’anno accademico 2010-2011 potrebbe secondo gli organizzatori diventare solo la prima di un programma di scambio aperto a tutte le istituzioni accademiche europee e del mondo arabo.

Il progetto è nato nel 2006, quando un gruppo di professori universitari libanesi ha deciso di associarsi nella Adyan Foundation, la cui missione è educare alla pace. «Abbiamo visto crescere le tensioni e i conflitti fra le varie comunità religiose, non solo in Libano, legati all’identità, alla rappresentazione e ai diversi valori delle fede» racconta il professor Fadi Daou, 39 anni, sacerdote maronita, docente di Teologia fondamentale e di Filosofia politica alla Saint Joseph University di Beirut e alla Holy Spirit University di Kaslik e presidente della Adyan Foundation.

«Ci siamo resi conto dell’ignoranza generale sulla dimensione culturale delle fedi sia nelle società europee che in quelle arabe – spiega – e della mancanza di spirito critico nell’affrontare questi argomenti, sia nella percezione di sé che in quella dell’altro. Per non parlare di tutti i pregiudizi, gli stereotipi e le mistificazioni delle religioni emersi dopo l’11 settembre sia nei media che in alcune scuole». Gli studiosi vedevano come mancassero degli spazi di comunicazione interculturale e di dialogo per giovani, sempre più attratti d’altra parte dall’abbattimento delle frontiere offerte da Internet e dalla condivisione di interessi, valori, esperienze che i social network hanno creato. Quelli tra loro che erano poi maggiormente impegnati nel dialogo inter-religioso, afferma, hanno dovuto prendere atto di come «nonostante tutti i nostri sforzi, i progressi compiuti nel dialogo a livello istituzionale non raggiungano la base, la società civile».  

Nel 2006 la fondazione Adyan è stata dunque registrata a Beirut come organizzazione non governativa il cui principale obiettivo è «insegnare e diffondere una cultura del dialogo a differenti livelli, e provare a trasformare la cultura del dialogo in una consapevolezza condivisa in Libano e all’estero». Un progetto ambizioso tanto in un Paese, come il Libano, preda negli ultimi anni di un processo di frammentazione che oscilla tra lo scatenare una guerra civile ed il ridursi ad una pedina delle potenze regionali, quanto nei Paesi dell’Unione europea sempre più in affanno nelle politiche per gli immigrati, in particolare musulmani.

«Abbiamo cominciato a lavorare a diversi progetti di formazione nelle scuole superiori e nelle università basati sulla conoscenza reciproca, sulla comprensione, sul dialogo: ciascun docente offre il proprio contributo a partire dalla propria esperienza accademica, dalle diverse situazioni all’interno dei vari Paesi, ma con l’ottica – rimarca padre Daou – di sviluppare insieme programmi che potessero interessare tanto le società europee quanto quelle dei Paesi arabi». Nell’arco di quattro anni l’organizzazione è riuscita ad ottenere la sponsorizzazione di aziende e banche libanesi, e ad assicurarsi il sostegno finanziario di istituzioni culturali del calibro della Anna Lindh Euro-Mediterranean Foundation e della Feed the Minds Foundation (britannica). 

Il progetto universitario Understanding programme parte quest’anno con 18 studenti della Notre Dame University di Zouk (nord di Beirut), della Ahram Canadian University del Cairo (sposorizzata dal maggiore gruppo editoriale egiziano), della Tischner European University di Cracovia e delle Pontificie Università Gregoriana e San Tommaso d’Aquino di Roma. È inoltre sostenuto (quest’anno senza studenti) da altre due università in Francia e in Giordania. Grazie alla collaborazione con la International Foundation for Interreligious and Intercultural Education (con sede a Roma) e della Fondazione Campana di Rovereto, ciascun studente deve pagare solo 120 euro per il corso che resta, insieme al viaggio finale, a carico degli promotori.

Il programma si svolgerà nell’arco di 14 settimane su una piattaforma online dalla quale verranno scaricate ricerche, tesine, statistiche, quiz, esercizi, video, in un lavoro individuale e collettivo che, rimarca padre Daou, «ha il pregio di unire la scientificità della ricerca accademica alla società civile attraverso le opportunità offerte dalla tecnologia». Mostrando cosa vuol dire essere un cristiano copto in Egitto e in Libano, o musulmano in Francia e in Germania, il programma intende «mostrare le differenze fra le varie culture religiose ed indicare come esse plasmano il rapporto all’interno della comunità e all’esterno, fra maggioranza e minoranza». E questo affinché «i futuri accademici e leader delle società civili euro-mediterranee imparino ad adottare il punto di vista dell’altro, ad adottare un approccio interculturale nel plasmare la convivenza». Ad aprile, gli studenti si incontreranno per una settimana in Italia (gli organizzatori stanno lavorando ad un raduno di tre giorni a Rovereto e tre giorni a Roma) per tracciare le conclusioni del lavoro svolto ed apportare eventuali miglioramenti al programma.

La Adyan Foundation opera oggi nelle scuole superiori, nelle università e promuovendo iniziative di riconciliazione nella società civile attraverso il lavoro di sei accademici fondatori, 40 giovani volontari libanesi appartenenti a varie confessioni religiose e dediti anima e corpo alla mission della fondazione, 15 consulenti in Libano e all’estero, ed alcune personalità della cultura che promuovono in veste di «membri onorari» il lavoro della fondazione.

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