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Assassinato mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia

Giuseppe Caffulli
3 giugno 2010
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Assassinato mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia
Mons. Luigi Padovese

Monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia e presidente della Conferenza episcopale turca, è stato ucciso oggi a Iskenderun, in Turchia. Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa e dalla televisione turca, il religioso (appartenente ai Frati minori cappuccini di Lombardia) sarebbe stato accoltellato dal suo autista. Trasportato in ospedale, mons. Padovese è deceduto durante il trasferimento.


(Milano) – «Una notizia terribile, che lascia costernati e senza parole». Queste le prime reazioni di padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana.

Monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza episcopale turca, è stato ucciso oggi a Iskenderun, in Turchia. Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa e dalla televisione turca, il religioso (appartenente ai Frati minori cappuccini di Lombardia) sarebbe stato accoltellato dal suo autista. Trasportato in ospedale, mons. Padovese è deceduto durante il trasferimento.

Nato a Milano 63 anni fa, nel 1965 fece la sua prima professione religiosa e nel giugno del 1973 venne ordinato sacerdote. Professore titolare della cattedra di Patristica alla Pontificia Università dell’Antonianum di Roma, era stato nominato vicario apostolico dell’Anatolia nel 2004.

La tragica notizia avrà indubbiamente una ripercussione anche sulla visita pastorale del Papa a Cipro che si apre domani. Anche mons. Padovese avrebbe infatti dovuto essere presente all’incontro con il Santo Padre in quanto delegato al prossimo Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente.

Da quando era stato nominato vescovo, più volte abbiamo avuto l’occasione d’incontrarlo e di intervistarlo sulla situazione della Chiesa in Turchia

Interpellato sulla situazione del Paese, con la lucidità che lo caratterizzava, mons. Padovese ci aveva spiegato che la Turchia è un Paese a due facce.

«Da una parte guarda con sempre maggiore attenzione all’Occidente e all’Europa (dal 2005 il Paese è ufficialmente candidato a diventare membro dell’Unione Europea, anche grazie all’appoggio dell’Italia); dall’altra vede rafforzarsi al suo interno una forte componente anti-cristiana e anti-Occidentale, che si nutre della retorica e delle tendenze xenofobe portate avanti, tra gli altri, dal Partito di azione nazionale (i Lupi grigi), che sventola lo spauracchio della perdita delle radici religiose del Paese. E che propugna la necessità di interrompere l’evoluzione democratica in atto per recuperare la “vera anima” della Turchia. Che ovviamente è quella musulmana».

La piccola comunità cattolica e l’intera famiglia cristiana – ci diceva – vivono ancora oggi il trauma dell’assassinio di don Santoro, e il timore per una escalation d’intolleranza nei confronti della minoranza cristiana. «I pareri in Turchia sulla morte di don Andrea sono alquanto diversificati anche oggi. Chi crea opinione e fa tendenza sono i giornali. Tra questi c’è chi ha avvalorato e sostiene ancora, senza alcun fondamento, l’idea che don Andrea desse soldi per convertire al cristianesimo. Sappiamo nel modo più assoluto che questo non è vero perché don Andrea non voleva affatto rendere un cattivo cristiano chi non era un buon musulmano. C’è chi poi vuol fare apparire l’assassinio come il gesto isolato di un giovane fanatico. Certa stampa fomenta ulteriore divisione, continuando a presentare don Andrea e l’opera dei sacerdoti cattolici come volta a “comprare” conversioni e a fare proselitismo».

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