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Sepolture senza pace

Giorgio Bernardelli
18 maggio 2010
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Sepolture senza pace
Uno scorcio del cantiere del Museo della Tolleranza, nell'area di Mamilla, a Gerusalemme.

Si parla molto di scheletri in queste ore in Israele, per via di due diverse vicende: il contestato cantiere per il Museo della Tolleranza del Centro Wiesenthal, a Gerusalemme, che spazza via un antico cimitero musulmano, e il nuovo pronto soccorso dell’ospedale Barzilai di Ashkelon, per far spazio al quale domenica sono stati rimossi altri resti umani. Tra le proteste degli ebrei ultraortodossi.


Si parla molto di scheletri in queste ore in Israele, per via di due diverse vicende. Haaretz ha pubblicato un’inchiesta sul Museo della Tolleranza, il contestato cantiere del Centro Wiesenthal aperto in una zona di quello che fu il cimitero musulmano di Mamilla a Gerusalemme. Contemporaneamente gli ultra-ortodossi sono divisi sulla vicenda del nuovo pronto soccorso dell’ospedale Barzilai di Ashkelon, per lasciar spazio al quale domenica sono stati rimossi altri resti umani.

La vicenda del Museo della Tolleranza i lettori di questa rubrica la conoscono bene: sono anni che seguiamo l’evolversi di questa vicenda che – tra l’altro – si svolge a poche centinaia di metri dalla sinagoga di rito italiano a Gerusalemme. Ricapitoliamo comunque i fatti: da alcuni anni il Centro Wiesenthal – una fondazione di Los Angeles guidata dal rabbino Marvin Hier – sta portando avanti il progetto per un grande Museo della Tolleranza, che dovrebbe sorgere nel centro di Gerusalemme Ovest. Progetto in grande stile: quando nel 2004 fu posata simbolicamente la prima pietra venne in persona il governatore della California Arnold Schwarzenegger, il progetto era stato affidato all’architetto star Frank Gehry. Il problema è che fin dall’inizio non si è dato retta a chi sosteneva che non era proprio opportuno costruire un Museo della Tolleranza in un’area che attualmente era sì un parcheggio, ma prima per secoli a Gerusalemme era stata un cimitero musulmano. Così si è cominciato a scavare e gli scheletri sono puntualmente saltati fuori. A quel punto il Movimento islamico del Nord – l’organizzazione musulmana più integralista diffusa tra gli arabi israeliani – ha cavalcato la vicenda, finita davanti alla Corte Suprema israeliana. Che alla fine ha comunque dato il via libera al Centro Wiesenthal, pur raccomandando attenzione nella rimozione dei resti umani da trasferire in un cimitero islamico.

Ora Haaretz pubblica delle fotografie e delle testimonianze che dimostrerebbero che in realtà lo spostamento degli scheletri – avvenuto nell’arco di soli sei mesi – sarebbe stato effettuato in maniera grossolana, con ossa stipate alla rinfusa negli scatoloni. Non solo: il quotidiano liberal (da sempre contrario al progetto) sostiene che anche l’iniziativa del Centro Wiesenthal sarebbe finita nel mirino dei magistrati che stanno indagando sulla tangentopoli di Gerusalemme, che vede da settimane sul banco degli imputati l’ex premier Olmert (su cui sono già stati raccolti pesanti indizi legati al periodo in cui era sindaco di Gerusalemme, tra il 1993 e il 2003) e praticamente tutto l’ufficio urbanistico della Municipalità.

A ciò va aggiunto il fatto che il destino del Museo della Tolleranza non è affatto chiaro: attualmente, infatti, esiste solo il grande scavo dietro a una recinzione insolitamente alta. Perché dopo le polemiche Frank Gehry ha ritirato la sua firma al progetto e quindi il Centro Wiesenthal sta cercando un nuovo architetto. Inoltre – scrive Haaretz – non è affatto chiaro che cosa verrà esposto nel Museo della Tolleranza. Perché nell’istituzione «gemella» – che sorge dal 1993 a Los Angeles – il focus principale è la memoria della Shoah. Ma a Gerusalemme il Centro si è impegnato a non trattare questo tema, per sgombrare il campo dall’opposizione dello Yad Vashem al progetto. Secondo le dichiarazioni dei promotori, però, non dovrebbe toccare nemmeno i temi caldi legati al conflitto israelo-palestinese. In una realtà come la Gerusalemme di oggi, poi, è impensabile che ci si soffermi su temi tipo la difesa dei diritti degli omosessuali: le scintille con gli ultra-ortodossi sarebbero assicurate. Ma allora ci si chiede: di che cosa parlerà questo Museo della Tolleranza?

È interessante leggere tutta questa storia in parallelo con quanto sta succedendo intorno all’ospedale Barzilai di Ashkelon. Anche qui il problema sono alcuni scheletri ritrovati nel sottosuolo. Ma questa volta a protestare sono alcuni movimenti religiosi ultra-ortodossi, secondo cui non si può costruire un pronto soccorso violando la sepoltura dei morti. La vicenda si trascinava da mesi, fino a quando domenica è avvenuta la rimozione. E nei quartieri degli haredi – anche a Gerusalemme – sono scoppiate manifestazioni di protesta con disordini. Il fatto non sorprende più di tanto: nella religione ebraica c’è molta attenzione per il tema delle sepolture. Quello che, però, mi ha colpito di più è un aspetto: prima di effettuare lo spostamento è stata compiuta una perizia archeologica attraverso cui si è stabilito che quei resti non sono di defunti ebrei. Così – come spiega l’agenzia Arutz Sheva – i capi della destra religiosa hanno potuto spiegare che in questo caso le restrizioni imposte dall’halachà (la legge ebraica) non varrebbero. Mi stanno molto simpatici gli ultra-ortodossi che non si lasciano convincere da questo sguardo per cui neanche i morti sono uguali. Sarebbe bello, però, se il discorso valesse anche per gli scheletri musulmani dell’ex cimitero di Mamilla, fatti sparire in fretta e furia per lasciare spazio al Museo della Tolleranza (di non si sa bene che cosa).

Clicca qui per leggere l’inchiesta di Haaretz

Clicca qui per leggere la replica del Centro Wiesenthal

Clicca qui per leggere la notizia di Arutz Sheva

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