Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia
San Francesco vede in coloro che spezzano il pane della Parola, cioè i teologi e i sacerdoti, la presenza di Cristo stesso.

La Parola, sorgente di spirito e vita

padre Giorgio Vigna ofm
3 febbraio 2010
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Per la sua «così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana», Francesco non vuole «considerare in essi il peccato». La sua volontà è ben motivata: «perché in loro scorgo il Figlio di Dio, e sono miei signori» (Testamento 6.9 /FF 112.113). La motivazione si fonda sull’umile sottomissione (cfr Lettera a tutti i fedeli IX,47 /FF 47) e sull’imperativo del «non giudicare» (cfr Ammonizione XXVI, 2 /FF 174) nei confronti di coloro di cui riconosce una sorta di dignità «divina», invisibile. Ma il pensiero prosegue: «E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri» (Testamento 10 /FF 113). Francesco aggiunge dunque una seconda ragione per non considerare le debolezze dei sacerdoti, più precisa e direttamente connessa al loro particolare ministero, quella legata all’eucaristia di cui essi sono ministri dispensatori, oltre che destinatari. Questo pensiero fu già espresso con forza esortativa nella Lettera a tutti i fedeli: «Dobbiamo anche visitare frequentemente le chiese e venerare e usare reverenza verso i chierici, non tanto per loro stessi, se sono peccatori, ma per l’ufficio e l’amministrazione del santissimo corpo e sangue di Cristo, che sacrificano sull’altare e ricevono e amministrano agli altri» (v. 33 /FF 193; similmente nella Ammonizione XXVI /FF 176; cfr Lettera a tutto l’Ordine 24 /FF 220).

Il richiamo al sacramento è ampliato dalla dichiarazione di un’altra volontà di Francesco: «E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi» (Testamento 11 /FF 114). Dobbiamo notare qui una delle tante «centrature» teologiche del Santo che si confessava ignorante: l’Eucaristia, prima di essere un mistero da adorare, è cibo di vita eterna (cfr. Gv 6,48-58), offerto dal Signore, mediante la Chiesa, al pellegrino sulla terra! Non è questo un rimando esplicito alla recente riforma liturgica del Vaticano II?

Parlando della collocazione dignitosa del Sacramento, Francesco pensa alla degna collocazione di un’altra preziosità: «E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso» (Testamento 12 /FF 114). Anche su questo punto, riconosciamo una precedente esortazione dal contenuto molto simile: «E ovunque troveremo il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collocato e lasciato in modo illecito, sia rimosso di là e posto e custodito in un luogo prezioso. Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso» (Lettera a tutti i chierici 11-12 /FF 209a; cfr Lettera a tutto l’Ordine 35-36 /FF 224). Il nesso, spontaneo nella mente e nel cuore di Francesco, non ci rimanda nuovamente al Vaticano II, quando parla espressamente della duplice «mensa della Parola e del Pane»? (Dei Verbum 21; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica 103).

Un ultimo allargamento di prospettiva nelle parole di san Francesco: «E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita» (Testamento 13 /FF 115). L’eco del Vangelo di Giovanni 6,63  è la stessa che leggiamo nella Lettera a tutti i fedeli: «Le parole del Signore nostro Gesù Cristo, che è il Verbo del Padre, e le parole dello Spirito Santo, che sono spirito e vita» (3 /FF 180).

Ci pare bella la sintesi in forma narrativa riportata nella prima biografia di fra Tommaso da Celano (163 /FF 747): «È un ufficio [il predicatore] – sottolineava – degno di riverenza», e tutti devono venerare quelli che lo esercitano: «Essi sono la vita del corpo,  gli avversari dei demoni, essi sono la lampada del mondo». Riteneva poi i dottori in sacra teologia degni di particolari onori. Per questo una volta fece scrivere come norma generale: «Dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e quanti ci dispensano la parola di Dio come quelli che ci somministrano lo spirito e la vita».

Dall’onore per i sacerdoti all’onore per i teologi, dalla vita dell’eucaristia alla vita della Parola: mediante uno sviluppo logico per accostamento di idee, Francesco ci riconduce, con la forza della sua dirompente semplicità, al centro della fede della Chiesa che si raduna attorno alla duplice mensa del Signore.

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