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Iraq, il vescovo di Mosul lancia l’allarme

27/02/2010  |  Milano
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Iraq, il vescovo di Mosul lancia l’allarme

La notizia è sfuggita a molti mass media, ma le famiglie cristiane stanno lasciando in massa la città di Mosul, in Iraq, per sottrarsi a una campagna concertata di violenza e intimidazione. L'arcivescovo caldeo della città, mons. Emil Shimoun Nona, ha dichiarato che Mosul sta vivendo un'«emergenza umanitaria» e che «centinaia di famiglie cristiane» hanno lasciato il centro urbano il 24 febbraio alla ricerca di un rifugio sicuro, lasciando dietro di sé case, proprietà e attività commerciali. La situazione, aggiunge il presule, «è drammatica».


La notizia è sfuggita a molti mass media, ma le famiglie cristiane stanno lasciando in massa la città di Mosul, in Iraq, per sottrarsi a una campagna concertata di violenza e intimidazione.

L’arcivescovo caldeo della città, mons. Emil Shimoun Nona, ha dichiarato che Mosul sta vivendo un’«emergenza umanitaria» e che «centinaia di famiglie cristiane» hanno lasciato il centro urbano il 24 febbraio alla ricerca di un rifugio sicuro, lasciando dietro di sé case, proprietà e attività commerciali, secondo quanto riferisce l’agenzia Asia News. La situazione, aggiunge il presule, «è drammatica».

Le famiglie hanno scelto di sfollare dopo un’ondata di attacchi violenti che hanno provocato la morte di cinque cristiani la scorsa settimana, e il massacro di un’intera famiglia martedì 23 febbraio. «Tutti i componenti della famiglia, cinque persone, sono stati uccisi», racconta un membro iracheno di Open Doors (Porte aperte), un’organizzazione benefica che aiuta i cristiani perseguitati, come riferisce Christian News Wire. «Prima – continua il racconto – gli assalitori si sono avvicinati in auto mettendosi a sparare, poi hanno fatto irruzione nell’abitazione abbattendo l’intera famiglia a colpi d’arma da fuoco. Due cadaveri sono stati anche gettati all’esterno come crudele avvertimento per gli altri».

L’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, ha promosso un «digiuno e una manifestazione di protesta» per sensibilizzare la comunità internazionale al «massacro dei cristiani iracheni» e fermare la violenza nel Paese.

Secondo quanto riportato da Radio Vaticana e dal quotidiano della Santa Sede, L’Osservatore Romano, il Papa, che non pronuncia discorsi pubblici durante questa settimana di esercizi spirituali, non ha mancato di esprimere dolore e preoccupazione per il fatto che «nell’area di Mosul continui la carneficina di cristiani».

Il segretario di Stato, cardinal Tarcisio Bertone, ha detto al primo ministro iracheno, Nouri al-Maliki, che il Papa ha espresso la sua «sincera solidarietà» nei confronti suoi e degli altri leader dopo la serie di attacchi a edifici governativi e luoghi di culto cristiani e musulmani. «Il Pontefice – ha scritto Bertone – prega intensamente perché la violenza abbia fine e chiede al governo di fare tutto il possibile per aumentare la sicurezza dei luoghi di culto in tutto il Paese».

L’arcivescovo Emil Nona teme che «Mosul possa svuotarsi completamente di cristiani» e si recherà a Baghdad per chiedere soccorso al governo nazionale, perché si possano stabilire i requisiti minimi di sicurezza per la minoranza religiosa cittadina. Gli attacchi si sono intensificati con l’approssimarsi delle elezioni previste in Iraq per il 7 marzo prossimo. Monsignor Basile Georges Casmoussa, arcivescovo siriaco di Mosul, osserva che l’appuntamento con le urne porta sempre guai, «ma in genere non fino al punto d’arrivare a uccidere le persone, e in particolare i cristiani. Cristiani che non sono stati ammazzati per le loro appartenenze politiche, ma proprio in quanto cristiani».

Parlando con Terrasanta.net il 22 febbraio scorso, mons. Sako ha spiegato che il clima elettorale genera lotte tra gruppi politici che rappresentano gli interessi di arabi e curdi. «Lottano per assicurarsi autorità, potere e vantaggi economici. Così la tensione è alle stelle», dice l’arcivescovo, secondo il quale a Mosul «stanno sospingendo i cristiani fuori dalla città. È questo l’obiettivo principale». Sako è speranzoso che la pace sociale possa tornare dopo le elezioni, ma intanto l’assenza di sicurezza viene alimentata dal fatto che gli arabi governano la città senza spartire il potere coi curdi.

In un intervento pronunciato lunedì 22 febbraio a Roma, durante un convegno organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, mons. Sako ha segnalato che nei prossimi anni è probabile che altri cristiani iracheni lascino il Paese per la violenza degli estremisti musulmani e il timore che venga introdotta la sharia. «Hanno in mente il caso degli ebrei che un tempo risiedevano in Iraq – dice Sako -. Ora non ce n’è più nessuno e i cristiani sono convinti che sia arrivato il loro turno. È questo quello che pensano».

L’arcivescovo ha aggiunto che i cristiani «hanno l’impressione di essere dimenticati dall’Occidente secolarizzato». «In passato – ha osservato Sako – qualcuno voleva proteggere i cristiani, ma ora essi hanno la sensazione d’essere isolati e dimenticati da tutti».

Il nunzio apostolico in Iraq, l’arcivescovo Francis Chullikatt, in un’intervista del 25 febbraio a Radio Vaticana ha ricordato che i cristiani sono in Iraq da 2.000 anni, quindi «ogni tentativo di ridurre la presenza cristiana o, peggio, annientarla del tutto, equivarrebbe a distruggere la storia della nazione irachena».

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