Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Un millenario da (non) ricordare

padre Eugenio Alliata ofm
30 settembre 2009
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È stato un pellegrino, sulla piazza del Santo Sepolcro, a ricordarmelo. «Nell’anno 1009, hai detto? Sono dunque passati 1000 anni da quando questo è successo! Siamo infatti nell’anno 2009». Stavo descrivendo le circostanze che avevano portato alla distruzione della famosa basilica costantiniana, chiamata Martyrium, che sorgeva a Gerusalemme nel luogo del Golgota, dove secondo la tradizione santa Elena, madre dell’imperatore Costantino, aveva a suo tempo rinvenuto le tre croci fra le quali era quella di Gesù.

Inaugurata solennemente il 14 settembre 335 alla presenza di numerosi vescovi, tra cui il celebre autore della Storia Ecclesiastica Eusebio di Cesarea, che ce ne ha lasciato una descrizione, la basilica di Costantino veniva a sostituire i templi pagani di Gerusalemme – Èlia Capitolina – che per quasi 200 anni avevano occultato, come dice Eusebio, la «grotta mistica dell’ultima battaglia (quella contro la morte, conclusasi con la risurrezione), esaltando così la vittoria del Salvatore». Da quel momento il luogo era divenuto uno dei più sacri del cristianesimo. Il monumento fu completato dall’aggiunta di un solenne vestibolo che si affacciava sul Cardo, la via principale della città, di un  maestoso mausoleo di forma circolare (l’Anàstasis) costruito sopra l’Edicola a custodia della tomba vuota, e dal Triportico intermedio, dalle pareti ricoperte di marmi preziosi e sempre illuminato dalle lampade appese. Così l’edificio è descritto dai pellegrini – ricordiamo in particolare Egeria (IV secolo) e Arculfo (VII secolo). Così è raffigurato anche nel celebre mosaico detto la «Carta di Madaba», del VI secolo.

Alla distruzione operata dalle truppe persiane (614 d.C.) seguì la ricostruzione del patriarca Modesto (630-634 d.C.). L’occupazione islamica (638 d.C.) iniziò in forma più pacifica grazie ad un accordo intervenuto, ma presto dovevano arrivare tempi difficili tanto per la comunità cristiana di Palestina quanto per i suoi luoghi sacri. Il culmine si toccò all’epoca del sultano fatimide al-Hākim bi-amri-llāh (985-1021) che ordinò la distruzione di migliaia di chiese nel suo regno. Anche la basilica del Santo Sepolcro restò vittima di tale decreto, per non risorgere mai più in forma completa nelle epoche successive.

Possediamo la cronaca degli avvenimenti grazie al cronista siriano Yahia ibn Said (sec. XI): «Hakim scrisse in Siria a Baruch, che si trovava a Ramleh, perché demolisse la chiesa della Resurrezione di modo che di essa non restasse segno alcuno. Baruch mandò Jusef, suo figlio e Hussein figlio di Dhaher al-Uzan e a questi aggiunse Abu al-Fawaris ad-Daif i quali si impadronirono di tutte le suppellettili che si trovavano nella chiesa e la distrussero completamente, lasciando solo qualcosa la cui distruzione era molto difficile. Distrussero anche il Calvario e la chiesa del santo Costantino e tutto quello che si trovava nei loro confini e tentarono di eliminare i sacri resti. Il figlio di Abu Dhaher si dette molto da fare per distruggere il Sepolcro proprio nei suoi resti, e realmente ne scavò e sradicò la maggior parte. C’era nei pressi un monastero femminile noto col nome di Deir es-Siri e anch’esso fu distrutto. Questa distruzione cominciò il martedì il quinto giorno prima della fine del mese di Saffar nell’anno 400 dell’Egira».

L’anno dell’egira 400 inizia il 25 agosto 1009 ed essendo Safar il secondo mese dell’anno lunare islamico bisogna aggiungere 54 giorni per arrivare a martedì 18 ottobre, secondo il calendario gregoriano (estrapolato, trattandosi di data anteriore all’istituzione ufficiale del medesimo).

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