Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Per respirare lo spirito d’Assisi

padre Gwenolé Jeusset ofm
21 gennaio 2009
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Il 5 e 6 novembre scorso s’è svolto a Roma un forum tra cattolici e musulmani che potrebbe passare alla storia. Un vero dialogo si è innestato sull’ascolto reciproco. Dal Cielo, gli ultimi Papi ne avranno gioito. Soprattutto Giovanni Paolo II, che con la giornata di preghiera del 27 ottobre 1986 nella città di san Francesco, ci ha lasciato in eredità lo spirito d’Assisi.

Qual è la sfida dello spirito d’Assisi? Quella che consente all’altro di «respirare», gli permette di essere se stesso e di esprimersi in tutta libertà e senza aggressività, in uno spazio comune. Uno spazio in cui i credenti, ma anche coloro che si dichiarano solamente umanisti, possano parlarsi e stimarsi. Per noi cristiani è anche camminiamo verso Dio che ci attende insieme.

Lo spirito d’Assisi consiste nel varcare i nostri muri, per andare incontro all’altro. È rinunciare al razzismo etnico, sociale o religioso, e rigettare il nostro disprezzo per l’altro. Si giudica frettolosamente una religione in base a un’idea negativa della sua dottrina o attraverso i suoi «integralisti». Sventurato colui o colei che giudica un’altra religione senza cercare il credente che la vive. Sventurato chi giudica un essere umano dall’aspetto fisico, dalla condizione sociale o dall’etnia, ma anche in base alla sua religione o all’ateismo, senza cercare di incontrare ciò che rappresenta il cuore di quell’uomo o di quella donna. Lo spirito d’Assisi è dire la propria fede nell’amore e nel rispetto dell’altro. Anche se l’evangelizzazione è qualcosa di più ampio, l’annuncio della fede cristiana è un obbligo ogni volta che la situazione lo permette. Ma proclamare in modo esplicito la mia fede, è cantare il cuore della mia vita senza pretendere che l’altro mi ascolti e ancor meno che dica: amen!

Lo spirito d’Assisi, è smettere d’aver paura delle differenze minimizzandole o sopprimendole con la morte, la conversione forzata, l’espulsione esplicita o subdola, o il sincretismo.

Senza assottigliare la nostra fede per far piacere all’altro, bisogna con tutta serenità, che io indichi con la mia vita la specificità della mia fede. Prima di qualunque espressione verbale, devo testimoniare l’esperienza trinitaria dell’amore condiviso. Sono mandato ai fratelli e alle sorelle dal Padre, per seguire la tracce di Gesù e aprire le porte alla cortesia dello Spirito che mi precede nell’altro.

Lo spirito d’Assisi, è anche non soltanto credere ma vedere che lo Spirito Santo puoi trasformarci gli uni e gli altri, il mio interlocutore ed io stesso. È lasciare tutto lo spazio allo Spirito e credere fermamente che vado incontro a lui nel cuore dell’altro.

Infine, con colui che l’accetta, è andare con chiarezza verso Dio nell’emulazione spirituale. I nostri testi sacri ci incoraggiano: «Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro». (Mt 5,46-48).

«Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Vi ha voluto però provare con quel che vi ha dato. Gareggiate in opere buone: tutti ritornerete ad Allah ed Egli vi informerà a proposito delle cose sulle quali siete discordi» (Corano 5,48).

Giungiamo così a uno scambio tra le nostre due rive ed è ciò che accadde su scala planetaria il 27 ottobre 1986 nella piana e nella città d’Assisi. Pochi giorni dopo, ad Abidjan, lodavo il Signore con un anziano musulmano. Da anni lavoravamo insieme alla riconciliazione delle nostre comunità cristiana e musulmana. Aveva colto appieno, lo sospettavo, il senso dell’evento, ma mi sorprese con una dichiarazione sensazionale: «Sono contento d’avere visto questo evento prima di morire. Ma quel che non avremmo mai immaginato è che questo incontro avrebbe avuto luogo da noi, ad Assisi».

Francesco era diventato il nostro comune maestro spirituale. Ci aveva insegnato la fraternità interreligiosa.

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