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Magdala e la sua Storia seppellite da un centro commerciale?

28/01/2009  |  Milano
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Nelle scorse settimane i ritrovamenti archeologici a Magdala (Israele) hanno avuto ampia eco in tutto il mondo. Alcuni unguentari in terracotta e ampolle in vetro finissimo, contenenti quello che potrebbe rivelarsi come il «profumo della Maddalena» sono riemersi dal fango di una vasca termale ad opera dello staff del Magdala Project guidato da padre Stefano De Luca, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Ma le novità non finiscono qui. Negli stessi scavi sono venuti alla luce anche gli attracchi di una banchina dell'antico e importante porto. Eppure, nonostante la sua rilevanza storica anche per Israele, il sito archeologico di Magdala è minacciato dal progetto di costruzione di un imponente centro commerciale.


Nelle scorse settimane i ritrovamenti archeologici a Magdala – città natale di Maria Maddalena e secondo i topografi corrispondente a Magadán, altrimenti anonima località menzionata dal Vangelo a proposito della seconda moltiplicazione dei pani e dell’insegnamento di Gesù sui segni dei tempi – hanno avuto ampia eco in tutto il mondo. Alcuni unguentari in terracotta e ampolle in vetro finissimo, contenenti quello che potrebbe rivelarsi come il «profumo della Maddalena», il balsamo profumato usato per ungere i piedi di Cristo, sono riemersi dal fango di una vasca termale ad opera dello staff del Magdala Project guidato da padre Stefano De Luca, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme.

Ma le novità affiorate dalle rovine di Magdala non finiscono qui. Padre Stefano indica anche cinque monoliti di basalto forati e inseriti a distanza, perpendicolarmente, in un imponente muraglione che si addossa al perimetro orientale della grande piazza a quadriportico. Con fare misterioso, annuncia: «Qui, duemila anni fa, saremmo stati nel bel mezzo di un grande via vai di uomini e merci».

È difficile, per chi non è abituato a leggere il libro della Storia scolpito nelle pietre, cogliere subito di cosa si tratti. Padre Stefano spiega: «Questi sono gli attracchi di una banchina del porto. Si tratta di una notizia che va confermata con l’allargamento dello scavo, perché potrebbe anche trattarsi del bacino interno di un arsenale. Sappiamo che a Magdala si costruivano barche, perciò questo potrebbe anche essere un bacino di carenaggio… Al  tempo in cui questo molo era in uso, cioè nel I secolo, Madgala contava almeno 230 imbarcazioni che, secondo quanto riportato dallo storico Flavio Giuseppe, presero parte alla prima rivolta giudaica. Al tempo di Gesù, l’acqua del lago arrivava fin qui. Questa quota, potrei dire, sarà il riferimento da cui partire per la ricerca delle strutture portuali della altre città antiche affacciate sul lago. L’imponenza della flotta ricordata da Flavio Giuseppe, la qualità dei reperti, tra cui le molte monete rinvenute negli scavi, testimoniano una vivacità di scambi commerciali ed un elevato livello economico. La florida economia di Magdala si interrompe nel IV secolo con il terremoto del 363, che segna il declino della città e il trasferimento del baricentro commerciale, e probabilmente della redditizia attività di pesca, per la quale Magdala era famosa, nella vicina Cafarnao. Solo nel periodo bizantino la vita riprende, la città viene ricostruita a macchia di leopardo e i monaci  edificano il santuario, citato dai pellegrini antichi, in memoria della Maddalena, oltre che il monastero con strutture di accoglienza, di cui abbiamo trovato il pavimento mosaicato».

Ma accanto all’entusiasmo per i recenti ritrovamenti archeologici che fanno di Madgala uno dei siti più interessanti della Galilea, se non di tutta la Terra Santa, fra Stefano De Luca non nasconde le sue preoccupazioni per alcuni progetti che rischiano di deturpare per sempre queste rive del lago e di cancellare dai libri di storia una delle città più importanti per l’intero Medio Oriente.

Un imponente centro commerciale sta per sorgere infatti sulle rovine, parte di una serie di interventi volti a creare strutture ricettive per lo sfruttamento turistico. La recinzione del cantiere edilizio è già stata effettuata: primo passo di una massiccia cementificazione che avrà un impatto devastante sia sull’ambiente naturale che sulle testimonianze archeologiche.

«Quello che abbiamo scavato e che conosciamo fino ad oggi di Magdala che secondo le fonti contava fino a 40 mila abitanti – spiega l’archeologo – è forse l’un per cento della città. Quando getteranno le fondamenta degli alberghi, ristoranti, parcheggi e centri commerciali, è sicuro che troveranno le rovine di Magdala… Un parcheggio per auto è previsto proprio dove abbiamo rinvenuto uno dei decumani fiancheggiato dalle ricche abitazioni di un quartiere residenziale. I colleghi israeliani stanno facendo il possibile, ma sembra che gli interessi commerciali in gioco siano troppo forti».

L’idea è di trasformare questa parte di lago in una località balneare e sportiva. Ma a Magdala sta emergendo il reticolo di una città completa, con ville, palazzi, quartieri residenziali, sinagoghe, mosaici, strade romane perfettamente conservate, un complesso termale, ed ora il porto antico con gli attracchi delle barche usate dalla flotta del tempo. Insomma, un patrimonio di storia e di cultura che certamente ha molto da dire a noi cristiani, ma riguarda in prima battuta la storia di Israele e dell’intero Medio Oriente. Come è noto, i 600 cavalieri di Tito, mentre i 2.000 arcieri di Vespasiano schierati sul Monte Arbel distraevano i rivoltosi, entrarono nella città proprio dal lago e il porto dovette essere lo scenario della sanguinosa battaglia del 66-67 d.C. nella quale perirono 6.500 rivoltosi.

«Perché – si chiede De Luca in un’ampia intervista pubblicata sulla rivista Terrasanta di gennaio-febbraio 2009 – non cogliere l’occasione per rivedere l’ubicazione dei progetti turistici e valorizzare questo indiscutibile patrimonio dell’umanità?».

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