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Convegni, accoglienza dei pellegrini e celebrazioni ecumeniche: il card. Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete di San Paolo fuori le Mura, presenta il giubileo che si apre il 28 giugno.

Anno Paolino. Al via le celebrazioni

Manuela Borraccino
17 giugno 2008
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Un’occasione «per conoscere meglio» la vita e gli insegnamenti di san Paolo di Tarso e «un deciso impulso al dialogo ecumenico», perché il più grande missionario di tutti i tempi fu il simbolo stesso dell’unità dei cristiani. Intorno a questi due binari si svilupperanno gli eventi dell’Anno paolino, spiega il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della basilica di San Paolo fuori le Mura e ideatore dello speciale Giubileo a circa duemila anni dalla nascita dell’Apostolo delle genti, che gli storici collocano tra il 6 e il 10 d.C.

Subito dopo l’arrivo nella basilica patriarcale nel maggio 2005 il cardinale e architetto torinese ha voluto rendere più accessibile ai pellegrini con una modifica sostanziale dell’altare maggiore la tomba di San Paolo, martirizzato intorno al 67 d.C., sepolto nel cimitero sulla via Ostiense e che secondo una tradizione ininterrotta riposerebbe proprio nel sarcofago in marmo custodito sotto l’altare principale della basilica costantiniana e sovrastato dall’iscrizione latina «Paulo apostolo».

Poi, nel 2006, la proposta a Papa Benedetto XVI dell’anno speciale. «Il Papa si è entusiasmato immediatamente e fin dall’inizio ha insistito su due obiettivi», racconta il presule. «Il primo: conoscere meglio san Paolo». A questa «figura gigantesca e ai suoi insegnamenti, non di facile comprensione», avverte con un sorriso, si deve infatti «quasi tutta l’organizzazione pratica della Chiesa, sia perché ha fondato varie Chiese sia perché con le sue lettere alle diverse comunità ha sviluppato diversi aspetti della dottrina cattolica: quindi dobbiamo tutti conoscerlo meglio». In secondo luogo «il Papa ha insistito molto sulla dimensione ecumenica: l’Apostolo dei gentili venne inviato da Cristo in tutto il mondo per creare le Chiese e rivolgersi non solo al mondo ebraico o ai Romani, ma a tutti. È decisamente la figura che meglio rappresenta l’unità dei cristiani: il suo insegnamento è per tutti, non solo per i cattolici. Il Papa ha chiesto espressamente – aggiunge – che si approfitti dell’Anno paolino per pregare di più per l’ecumenismo e perché si organizzino attività ecumeniche: che si faccia insieme quello che è meglio che si faccia insieme e non da separati». Così, oltre a una fittissima agenda di arrivi di pellegrini da tutto il mondo e di meditazioni spirituali che accompagneranno il loro soggiorno, sono in preparazione cinque convegni con migliaia di persone su diversi aspetti della vita e degli insegnamenti di san Paolo, ispirati dalle sue lettere e promossi dai padri benedettini dell’attigua abbazia.

La particolarità di questi incontri, spiega ancora il cardinale Montezemolo, è la partecipazione di personalità del mondo della cultura, della scienza, dell’economia e delle scienze sociali: una sorta di testimonial che parleranno di come gli insegnamenti paolini possono essere vissuti nei diversi ambienti professionali.

I benedettini sono anche gli organizzatori delle celebrazioni ecumeniche in programma a ottobre: «Molti gruppi non cattolici accompagnati dai loro metropoliti e patriarchi – racconta il cardinal Montezemolo – stanno già chiedendo di pregare insieme, chiaramente senza celebrare insieme l’Eucaristia: quest’anno è senz’altro un’occasione propizia per farlo». Gli eventi coincideranno tra l’altro con il sinodo dei vescovi su «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa» convocato dal 5 al 26 ottobre in Vaticano con la presenza di esponenti non cattolici.

Altro evento-clou sarà il maxi-raduno in collegamento con Sydney nei giorni della Giornata mondiale della gioventù, il prossimo agosto: almeno 10 mila giovani che non sono potuti andare in Australia si riuniranno nella basilica di San Paolo per pregare insieme al Papa durante il suo viaggio.

«Cosa ci aspettiamo, dunque? Il mio augurio – conclude il porporato – è che questa reazione entusiasta che già abbiamo visto in tante diocesi del mondo si traduca in uno spirito di religiosità e in una più profonda conoscenza dei princìpi e della teologia che san Paolo ci ha insegnato. Perché finora, persino tra molti cattolici praticanti, si conosce troppo poco».

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