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La Memoria d’Israele

02/05/2008  |  Milano
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La Memoria d’Israele
Aprile 1943: i militari nazisti distruggono il ghetto di Varsavia dopo la rivolta degli ebrei.

Israele ha appena celebrato la sua Giornata della memoria. Non il 27 gennaio, l'anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, ma il 27 nissan, l'anniversario dell'insurrezione nel Ghetto di Varsavia. Una ricorrenza che - non a caso - cade a metà strada tra Pesach, la Pasqua ebraica e lo Yom Haazmauth, la festa che ricorda la nascita dello Stato di Israele nel 1948. Non stupisce, dunque, che il tema della Shoah e dell'antisemitismo domini oggi sui giornali israeliani. Vale la pena, allora, di scorrere alcuni articoli che ci possono aiutare a capire un po' meglio che cosa significhi celebrare la Giornata della memoria a Gerusalemme.


Israele ha appena celebrato la sua Giornata della memoria. Non il 27 gennaio, l’anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, ma il 27 nissan, l’anniversario dell’insurrezione nel Ghetto di Varsavia. Una ricorrenza che – non a caso – cade a metà strada tra Pesach, la Pasqua ebraica e lo Yom Haazmauth, la festa che ricorda la nascita dello Stato di Israele nel 1948. Non stupisce, dunque, che il tema della Shoah e dell’antisemitismo domini oggi sui giornali israeliani. Vale la pena, allora, di scorrere alcuni articoli che ci possono aiutare a capire un po’ meglio che cosa significhi celebrare la Giornata della memoria a Gerusalemme.

Su Yediot Ahronot, intanto, troviamo l’ultimo sondaggio allarmante sulla crescita dell’antisemitismo nel mondo. Personalmente sono un po’ diffidente nei confronti di queste ricerche (si può misurare davvero un fenomeno come l’antisemitismo?). Però resta il dato di fondo: l’antisemitismo non è un fenomeno solo del passato. E per chi celebra la Giornata della memoria a Gerusalemme questo è un dato ineludibile. Come lo è il fatto che in Israele si fa memoria sì della tragedia, ma anche dell’eroismo degli ebrei. Con le storie di quanti non salirono «come pecore mute» sui treni che li conducevano al macello, ma si opposero con le armi.

Ecco allora Haaretz dare la notizia di un film sui fratelli Bielski, partigiani ebrei che si opposero ai nazisti combattendo nelle foreste della Bielorussia e salvando così altri ebrei dalla deportazione. Una pellicola che avrà per protagonista niente meno che Daniel Craig, l’ultimo volto dell’agente 007. Si può sorridere di fronte a un particolare del genere. Ma l’epica dell’ebreo che non rimane passivo di fronte alle minacce ma sa combattere per difendersi, è un ingrediente fondamentale per capire davvero Israele.

La Shoah, però, è anche ricordare le sue storie e le sue domande più dolorose. Lo ricorda un articolo molto bello di Menachem Rosensaft sul Jerusalem Post. È il racconto – sofferto – della preghiera nei campi di concentramento. Con un rabbino che nel giorno di Succot si arrabbia con l’Altissimo e uno Yom Kippur nel terribile blocco 11 del campo di Auschwitz-Birkenau. «All’alba del ventunesimo secolo – commenta Rosensaft – gli ebrei nel mondo hanno la fortuna di potersi riunire a pregare in pubblico comodamente e in sicurezza. Ma, mentre siamo seduti nelle nostre eleganti sinagoghe, dovremmo comunque ricordarci in ogni istante che l’essenza della nostra identità sgorga dal profondo delle nostre anime. Mi piace credere che ci sono momenti in cui le mie preghiere, le nostre preghiere, attraversano gli anni per ricongiungersi a quelle che salirono dal blocco 11 e da una baracca di Birkenau, e insieme raggiungono in qualche modo la loro destinazione».

Clicca qui per leggere l’articolo di Yediot Ahronot

Clicca qui per leggere l’articolo di Haaretz

Clicca qui per leggere l’articolo del Jerusalem Post

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