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In caso di sisma…

03/12/2007  |  Milano
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Nelle ultime due settimane ci sono state quattro lievi scosse di terremoto con epicentro nella Valle del Giordano. Hanno provocato un po' di paura, ma nessun danno significativo. Salvo un problema non da poco: ci si è accorti all'improvviso che in Israele (e ancora di più nei Territori dell'Autorità palestinese) l'impreparazione rispetto a un terremoto di grandi proporzioni è assoluta. Lo racconta bene un articolo di Shahar Ilan pubblicato sul quotidiano Haaretz.


Nelle ultime due settimane ci sono state quattro lievi scosse di terremoto con epicentro nella Valle del Giordano. Hanno provocato un po’ di paura, ma nessun danno significativo. Salvo un problema non da poco: ci si è accorti all’improvviso che in Israele (e ancora di più nei Territori dell’Autorità palestinese) l’impreparazione rispetto a un terremoto di grandi proporzioni è assoluta. Lo racconta bene un articolo di Shahar Ilan pubblicato sul quotidiano Haaretz.

Intanto va detto che l’ipotesi di un sisma di grande magnitudo è un’eventualità tutt’altro che improbabile da queste parti. L’ultimo – racconta il giornalista di Haaretz – si verificò nel 1927 e causò 300 morti. Ma la densità di popolazione nella Palestina del Mandato britannico non è neanche paragonabile a quella di oggi. Così – continua Ilan – varrebbe la pena di riflettere un po’ di più su un dato contenuto in un rapporto presentato alla Knesset nel 2005: «Se un terremoto di scala Richter 7,5 dovesse colpire una zona come quella di Beit She’an – vi si legge – ci sarebbero 16mila morti, circa 90mila feriti, circa 400mila senza tetto e 130mila case crollate o danneggiate». Sempre nel 2005 il responsabile israeliano del Comitato per i terremoti Efraim Laor denunciò che nulla era stato fatto per la prevenzione. Da allora – scrive Shahar Ilan – è cambiata una sola cosa: Laor non ricopre più quel posto.

Una delle prime cose che colpiscono chiunque metta piede in Israele sono i cantieri: è un Paese in pieno sviluppo, sembrerebbe il paradiso degli ingegneri. Però, stando a questi rapporti, l’ansia di costruire (magari marcando così la propria presenza sua una terra contesa) non va di pari passo con la sicurezza. Sedicimila morti equivalgono a una guerra. Anche una gestione del territorio un po’ più sana, forse è una chiave per un futuro migliore per tutti in Medio Oriente.

Clicca qui per leggere l’articolo di Haaretz

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