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Territori palestinesi. L’allarme di Amnesty

05/11/2007  |  Londra
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Un rapporto dettagliato diffuso a fine ottobre da Amnesty International denuncia una crisi dei diritti umani. Il documento riporta, attraverso numeri e testimonianze, casi di violazioni sia a Gaza sia in Cisgiordania. Gli scontri tra le due fazioni rivali Hamas e al-Fatah hanno causato, secondo l'Associazione, 350 vittime solo nel 2007. Ma soprattutto hanno portato un incremento delle violenze nei confronti dei civili, rimasti schiacciati tra l'incudine e il martello.


(e.s.) – Alla vigilia della conferenza per il Medio Oriente promossa dagli Stati Uniti per fine novembre i palestinesi rimangono divisi e appare sempre più necessario uno sforzo da parte di tutti per uscire dalla grave situazione in cui vive la popolazione nei Territori.

Lo afferma anche un rapporto dettagliato diffuso ad ottobre da Amnesty International. Il documento riporta, attraverso numeri e testimonianze, le violazioni dei diritti umani sia a Gaza sia in Cisgiordania. Gli scontri tra le due fazioni rivali Hamas e al-Fatah hanno causato, secondo l’Associazione, 350 vittime solo nel 2007. Ma soprattutto hanno portato un incremento delle violenze nei confronti dei civili, rimasti schiacciati tra l’incudine e il martello. Nella Striscia di Gaza, nel vuoto legale e istituzionale, Hamas fa ricorso alla detenzione arbitraria e alla tortura.

«Mi arrestarono la sera del 29 settembre nella strada vicino alla mia casa, nel Sud della Striscia di Gaza – racconta agli operatori di Amnesty International un ragazzo di 25 anni – assieme ad un amico sono stato condotto al centro più vicino dell’Executive Force (le forze di sicurezza istituite nel 2006 dall’allora governo di Hamas ndr). Mi hanno detto che volevano le armi in mio possesso, ma io ho risposto che non ne avevo nemmeno una. Hanno insistito… Mi hanno picchiato con bastoni e corde… hanno continuato per lungo tempo fino a quando non riuscivo più muovermi. Allora mi hanno rinchiuso in una cella. Il giorno successivo hanno ricominciato, chiedendomi le stesse cose e picchiandomi ancora una volta. Ero ferito e dolorante per i colpi del giorno prima, sono svenuto velocemente e allora mi hanno lasciato andare dicendomi però di stare attento, che ero avvertito».

La storia di questo giovane è solo una delle tante crude testimonianze raccolte nel rapporto sui Territori. Il dito è puntato contro Hamas, ma anche contro le forze fedeli al presidente dell’Anp Abu Mazen che, secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, sono colpevoli di aver arrestato illegalmente centinaia di sospetti rivali e di non aver intrapreso alcuna azione nei confronti dei propri militanti responsabili di rapimenti, incendi e altre violenze. Come nell’attacco descritto da Hassan al-Titi, giornalista e proprietario a Nablus del principale centro per i media stranieri.

«Il 17 giugno del 2007 – racconta il reporter – un gruppo di uomini armati e a viso coperto si precipitarono nella mia casa e appiccarono il fuoco al primo piano, dove si trova il Palestine Media Center, un centro mediatico indipendente che fa parte del Palestinian Telcomunication Group. Tutta l’attrezzatura è stata distrutta. Sopra l’ufficio c’è la mia abitazione e per fortuna mia moglie e i bambini erano fuori casa altrimenti sarebbero rimasti sicuramente feriti nelle fiamme. Il mio ufficio è l’unico posto con la strumentazione per trasmissioni in diretta, tutti lo usavano. Lo studio non era legato ad un unico canale satellitare, serviva invece a molte le agenzie di informazione e emittenti. Ma l’attacco è stato certamente il risultato dell’incitamento contro al-Jazeera, accusata di propendere per Hamas».

Il circolo vizioso degli abusi, dell’impunità, della violazione dei diritti umani nei Territori richiede al più presto, secondo Amnesty International, l’istituzione di una commissione di inchiesta, formata da esperti indipendenti che indaghino sulle violenze perpetrate dall’inizio del 2006 da Hamas e al-Fatah. L’associazione chiama in causa anche la comunità internazionale a cui si appella per fermare la vendita e il trasferimento di armi ad entrambe le fazioni. E a cui chiede di farsi carico dell’emergenza umanitaria in cui versa la popolazione palestinese.

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