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Yehuda il cineasta

29/10/2007  |  Milano
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Yehuda il cineasta

Film Fanatic - diretto e prodotto da Shlomo Hazan, regista di origini turche - è uno dei documentari che hanno costellato il nutrito cartellone del Religion Today FilmFestival 2007. Protagonista di Film Fanatic è Yehuda Grovais, un giovane israeliano ebreo ultra ortodosso che ha una grande passione per il cinema e che, per poter realizzare il suo sogno di produrre film, combatte contro il potere della sua cultura di riferimento, la quale non dimostra alcun tipo di tolleranza nei suoi confronti.


Film Fanatic – diretto e prodotto da Shlomo Hazan, regista di origini turche – è uno dei documentari che hanno costellato il nutrito cartellone del Religion Today FilmFestival 2007.

La rassegna, arrivata quest’anno al suo decimo anniversario di attività, è dedicata al dialogo tra le religioni e ha mantenuto nel tempo le intenzioni delle origini: in primo luogo, la scommessa sulla capacità del linguaggio cinematografico di comunicare l’esperienza religiosa, in seconda istanza, la rilevanza del linguaggio interreligioso.

Protagonista di Film Fanatic è Yehuda Grovais, un giovane israeliano ebreo ultra ortodosso che ha una grande passione per il cinema e che, per poter realizzare il suo sogno di produrre film, combatte contro il potere della sua cultura di riferimento, la quale non dimostra alcun tipo di tolleranza nei suoi confronti.

Il giovane cineasta dimostra una notevole dose di coraggio nell’affrontare quotidianamente i divieti e le ristrettezze che la sua fede religiosa gli impongono, come ad esempio l’impedimento di far comparire delle figure femminili all’interno dei suoi film. Oppure, dal momento che la tradizione rabbinica proibisce che vengano realizzati Vhs o, ancor peggio, che i film vengano distribuiti nelle sale cinematografiche, per superare il problema della diffusione delle sue opere, inizia a produrre Dvd che distribuisce contattando telefonicamente le persone. Interessante in proposito è il colloquio con il rabbino della comunità, che gli suggerisce di chiamare le sue produzioni «intrattenimento di luci e suoni» e non «cinema».

Grovias non ha però appoggi nemmeno da chi lavora nel mondo del cinema. Gli viene infatti più volte rimproverato il fatto di non utilizzare un linguaggio innovativo, di non saper scardinare la tradizione dall’interno e presentarla rinnovata. Per questa ragione, dunque, le sue produzioni non vengono finanziate, deve fare da sé.

Questo confronto con il mondo esterno lo porta inevitabilmente a doversi confrontare con i suoi stessi principi. Un percorso non indolore, che ad un certo punto lo costringe a constatare la realtà: è solo. Dopo un inevitabile, ma breve, attimo di smarrimento, prosegue con tenacia i suoi progetti.

La perseveranza di Grovias viene presto premiata: vince il premio della categoria Hope (speranza) del Haifa Film Festival. La vittoria è, per lui e la sua famiglia, motivo di grande soddisfazione; ma anche motivo per proseguire con ancora più determinazione la sua missione all’interno del mondo del cinema e della sua comunità.

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