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Tornare sul Monte

24/07/2007  |  Milano
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Tornare sul Monte
Scorcio della Spianata delle Moschee, a Gerusalemme. Spazio interdetto agli ebrei osservanti dai loro stessi rabbini.

Abbiamo già parlato qualche mese fa della svolta di un gruppo di rabbini secondo cui non è vero che l'halakha, la legge talmudica, vieta per motivi religiosi agli ebrei di salire sul Monte del Tempio (che come tutti sappiamo oggi coincide con la spianata delle Moschee) perché si rischierebbe di calpestare la terra sotto cui è sepolto il Santo dei Santi. La caduta di questo divieto è una tesi che, sotto traccia, sta avanzando nel mondo ebraico. Lo si vede chiaramente scorrendo i giornali oggi, giornata in cui Israele commemora la distruzione del Tempio. Ecco, ad esempio, cosa scrivono due quotidiani come Haaretz e il Jerusalem Post.


Abbiamo già parlato qualche mese fa della svolta di un gruppo di rabbini secondo cui non è vero che l’halakha, la legge talmudica, vieta per motivi religiosi agli ebrei di salire sul Monte del Tempio (che come tutti sappiamo oggi coincide con la spianata delle Moschee) perché si rischierebbe di calpestare la terra sotto cui è sepolto il Santo dei Santi. La caduta di questo divieto è una tesi che, sotto traccia, sta avanzando nel mondo ebraico. E non solo negli ambienti più vicini ai coloni.

Lo si vede chiaramente scorrendo i giornali oggi, giornata particolare in Israele. Per il calendario ebraico è infatti il giorno di Tisha Be’ Av, la ricorrenza che commemora con una giornata di digiuno la distruzione del Tempio. Non è più solo Arutz Sheva, l’agenzia d’informazione dei coloni, a invitare a tornare sul Monte; anche due quotidiani come Haaretz e il Jerusalem Post hanno due articoli apertamente contro il divieto imposto dall’interpretazione più rigida della legge rabbinica.

Sul Jerusalem Post David Golinkin, presidente dello Schechter Institute of Jewish Studies, ripercorre numerose fonti ebraiche per formulare il suo invito: è tempo di tornare sul Monte del Tempio. Su Haaretz è invece Nadav Shragai a prendersela con i religiosi, che dopo il 1967 sono stati i primi a cedere il Monte del Tempio. E aggiunge: «In tempi di emergenza i rabbini sono stati i primi a trovare le strade per attenuare restrizioni severe. Potrebbero trovare strade anche per il Monte del Tempio. Basterebbe solo avere il coraggio di osare».

Di tanto in tanto c’è chi lancia allarmi in tutto il mondo perché qualche esagitato parla di costruire il Terzo Tempio. Eventualità assolutamente improbabile. Nessuno, però, sembra curarsi del fatto che una prescrizione religiosa molto rigida che ha permesso per quarant’anni di rimuovere il problema della coesistenza in un Luogo Santo, stia per saltare.

E per motivi che hanno anche fare con l’affermazione di un’identità in contrapposizione a un’altra. È ora di fare i conti davvero con il problema dei problemi a Gerusalemme: quello del rispetto reciproco tra le tre religioni monoteiste. Altrimenti finiremo presto per stupirci di fronte all’ennesima e inaspettata fiammata di violenza nella Città Santa.

Clicca qui per leggere l’articolo del Jerusalem Post

Clicca qui per leggere l’articolo di Haaretz

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