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Il cinema made in Italy a Gerusalemme Est

18/06/2007  |  Gerusalemme
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Per iniziativa di un gruppo di espatriati italiani che lavorano nella città santa, a gennaio ha preso il via, presso il Palestinian National Theatre di Gerusalemme Est, una rassegna cinematografica di film italiani. Tra il pubblico non mancano i palestinesi interessati a questa opportunità di scambio culturale. L'appuntamento al cinema è anche un modo per agganciare ponti e creare legami di solidarietà tra connazionali impegnati nei settori più diversi in un contesto socio-politico tanto complesso.


Le due grandi sale cinematografiche esistenti a Gerusalemme Est sono chiuse da circa trent’anni e sono ormai in completo degrado. Per una di esse, quella posta in Hazzara Street, quasi al confine tra la parte araba e quella israeliana della Città Santa, da alcuni anni esiste un progetto di recupero.

Artefice del primo progetto è stato Faisal Husseni, rappresentante dell’Olp ai negoziati di Oslo. Il progetto, ripreso dall’Associazione Jabus Production di Gerusalemme, prevede ora il recupero e la trasformazione del vecchio complesso in sala polivalente per cinema e attività culturali. Finanziatori dell’opera sono l’Unione Europea e vari Paesi: Norvegia, Svizzera, Svezia, Germania, Belgio.

Dopo la vittoria di Hamas, nelle elezioni palestinesi dello scorso anno, tutto si era bloccato; da qualche mese invece sono ripresi i lavori e la Jabus Production prevede l’apertura della struttura per l’estate del 2008.

Un gruppo di italiani, alcuni mesi fa, ha dato vita a un’iniziativa, con lo scopo dichiarato di anticipare tale evento: riaprire uno spazio culturale per i palestinesi e coltivare il dialogo tra civiltà diverse, respingendo il clima di divisione e di intolleranza che spesso si respira in città.

È stato creato, piuttosto informalmente, nel settembre 2006 un club cinematografico denominato Kiss in the Desert. Dopo alcuni mesi di discussione su obiettivi, titoli, problemi e speranze, i quindici fondatori del club hanno lanciato una rassegna di film che porta lo stesso nome del club. Partita nel gennaio scorso, Kiss in the Desert è ormai al quarto ciclo di proiezioni. Sin qui sono state proiettate pellicole del neorealismo italiano e altri lungometraggi che hanno ottenuto il plauso della critica. L’iniziativa ha coinvolto spettatori internazionali e palestinesi e si avvia a produrre in proprio un documentario-testimonianza, con l’aiuto di un regista famoso (il cui nome non è ancora stato reso noto perché sono in corso i contatti).

Le proiezioni e i dibattiti si tengono ogni martedì sera alle 20 al Palestinian National Theatre in Gerusalemme Est. Il prezzo «politico» è di 15 sheckel (3 euro) a proiezione, per favorire soprattutto la partecipazione dei giovani. Il pubblico ha dimostrato di gradire molto e le presenze medie sono state di circa 100 persone a serata.

L’avvio di questo Club cinematografico è stata anche l’occasione per conoscere meglio la comunità degli espatriati italiani che lavorano a Gerusalemme come funzionari delle organizzazioni internazionali, diplomatici, giornalisti, impiegati del consolato, oppure sono religiosi e religiose in missione, giovani che vogliono abbeverarsi alle fonti bibliche o studiare la storia e l’archeologia cristiana, operatori di pace e di sviluppo della cooperazione italiana (ong, ministero degli Affari esteri, rappresentanti degli enti locali).

A prima vista è inimmaginabile questa varietà di persone, impegnate tutte a loro modo a costruire un mondo migliore.
È una realtà non appariscente ma vera, che vive la fatica quotidiana di un impegno o di un lavoro in una terra piena di fascino e di contraddizioni. Tutte queste persone cercano di condurre una vita normale in un contesto che normale non è.

Creano una rete di amicizie che fa scattare la solidarietà soprattutto nei confronti di chi arriva e si trova spaesato e un po’ spaventato da una situazione obiettivamente problematica.

Coloro che vengono a Gerusalemme arrivano preparati. Consapevoli di entrare nella Città Santa, cuore delle tre grandi religioni monoteiste, e coscienti della situazione di conflitto si preoccupano di avere notizie sulla sicurezza e sulla vita della città. Raccolgono informazioni da Internet sulle principali istituzioni civili e religiose,  recuperano contatti con amici e conoscenti, riprendono in mano pubblicazioni sulla storia e la vita di questa terra e dei popoli che la abitano.

Ma il calore umano e l’amicizia di una comunità sono un’altra cosa e anche attraverso esperienze come quella sopra descritta diventano una felice scoperta.

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