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Yemen turbolento. Ebrei in pericolo

23/05/2007  |  Milano
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Cresce la tensione nello Yemen e a farne le spese sono le minoranze. Nove famiglie ebree che vivono nella provincia di Saada, nel Nord del Paese, sono state costrette ad abbandonare le proprie case dopo le ripetute minacce ricevute dai ribelli locali. Esposte al pericolo devono affidarsi alla protezione del governo.


(e.s.) – Cresce la tensione nello Yemen e a farne le spese sono le minoranze. Nove famiglie ebree che vivono nella provincia di Saada, nel Nord del Paese, sono state costrette ad abbandonare le proprie case dopo le ripetute minacce ricevute dai ribelli locali.

Nella regione montuosa settentrionale vive la comunità musulmana degli zayditi (che devono il loro nome a Zayd, morto nel 740, figlio del secondo imâm Hasan). In armi contro l’esercito yemenita, le forze armate del governo che considerano illegittimo, combattono per restaurare la dinastia zaydita rovesciata con un colpo di stato nel 1962. Il governo yemenita sta usando il pugno di ferro contro questi ribelli e ormai si contano centinaia di morti da entrambe le parti solo negli ultimi mesi. Per il presidente Saleh, eletto per un secondo mandato nel settembre del 2006, gli zayditi sarebbero appoggiati e sostenuti dall’Iran.

Ma vittime dei violenti combattimenti sono soprattutto i civili più indifesi. Anche alla piccolissima comunità ebraica di Saada è stato intimato di andarsene immediatamente dalla città. Un ultimatum preciso contenuto in una lettera datata 10 gennaio. Gli ebrei vengono accusati di lavorare per Israele e di contribuire alla corruzione morale del mondo musulmano. A seguito dell’ultimatum, il governo che ha evacuato i quarantacinque ebrei minacciati. Ora vivono sotto protezione in un hotel della capitale Saana.

In tutto, nel Paese della penisola arabica, si contano poche centinaia di ebrei. Prima del 1948, quando nacque lo Stato di Israele, erano 60 mila. Poi a più riprese sono emigrati dallo Yemen a maggioranza musulmana. Solo gli anziani resistono, aggrappati alle ultime due sinagoghe (nel 1930 se ne contavano ben 39 nella capitale) e alle scuole private di Raydah e Kharef, aperte grazie a sovvenzioni della comunità ebraica statunitense. Ma ora un piccolo gruppo di loro vive sotto protezione: un nuovo modo di costringerli a nascondersi come in un ghetto.

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