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La Custodia sotto tiro

Marie-Armelle Beaulieu
4 gennaio 2007
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Tra il 1305 e il 1847 i francescani furono l'unica congregazione religiosa autorizzata dall'Impero Ottomano a dimorare in Terra Santa (almeno fino al 1631, anno dell'arrivo dei carmelitani). Quando le porte si aprirono ad altri ordini e congregazioni, le potenze europee si misero a sponsorizzare varie famiglie religiose e a rosicchiare i privilegi acquisiti dai francescani. Come riuscì la Custodia a non diventare una congregazione tra tante altre? Cerca di rispondere a questa domanda il libro del francescano Giuseppe Buffon, docente di Storia e Antropologia all'università pontificia Antonianum di Roma.


Dal 1305 al 1847 i francescani furono l’unica congregazione religiosa autorizzata dall’Impero Ottomano a dimorare in Terra Santa (oltre ai carmelitani, arrivati nel 1631).

Quando, sotto il sultano Abdul Mejid, il potere divenne meno rigido, la Terra Santa divenne teatro di ogni tipo di cupidigia. Le nazioni europee, che si erano già lanciate nella spartizione della «torta» mediorientale, volevano tutte collocare le proprie congregazioni, estendere la loro influenza e rosicchiare i privilegi acquisiti dai francescani. La Santa Sede stessa desiderava riaffermare i propri diritti davanti a quelli dell’ordine del Poverello d’Assisi troppo potente, a suo giudizio, in questa zona del mondo.

Come riuscì la Custodia a non diventare una congregazione tra tante altre?

Attaccata dalla concorrenza su più fronti – tanto nelle opere educative e sociali quanto nella missione stessa – denigrata per quello che faceva o non faceva, accusata di monopolizzare i doni della Chiesa (all’epoca la colletta del Venerdì santo continuava a riceverla in maniera esclusiva), come fece la Custodia a non soccombere?

Il francescano Giuseppe Buffon, docente di Storia e Antropologia all’università pontificia Antonianum, ritorna su quegli anni fondamentali che vanno dal 1869 al 1889. In quel periodo i francescani sono custodi dei luoghi santi e la Francia è protettrice delle comunità cristiane d’Oriente. Francescani e francesi hanno da molto tempo, infatti, difeso insieme una causa comune. Ma quando «l’apertura delle frontiere» permette l’insediamento in Terra Santa di comunità nazionali, i rapporti tra i francescani e la Francia si rovinano. È questo tema a costituire il nucleo essenziale della documentazione riportata dall’autore. Dai rapporti consolari, dallo scambio di lettere tra il Custode e il ministro generale dell’Ordine, con alcuni commenti di testimoni italiani, spagnoli dell’epoca, si intuisce che il tono sale, si percepisce che le cose cambiano.

Le nazioni cattoliche rivaleggiano, ma si coalizzano anche, perché se il movimento missionario procede speditamente, altrettanto si può dire dell’azione dei protestanti spalleggiati dalla Germania e dall’Inghilterra.

La tesi dell’autore per spiegare la sopravvivenza della Custodia malgrado gli attacchi di cui è fatta oggetto, risiede nel funzionamento proprio dell’Ordine francescano, «fatto di un giusto equilibrio tra democrazia e dipendenze abilmente negoziate: una sorta d’anarchia razionale che ha permesso alla Custodia di resistere alle potenze politiche europee preservando una forte identità francescana». A ciò si aggiungeva l’internazionalismo della comunità dei frati in Terra Santa, elemento che offriva poca presa ai vari tentativi di «recupero» da parte dell’una o dell’altra nazione (tra cui l’Italia e la Spagna che offrivano i gruppi più numerosi di frati minori).

Un libro appassionante (in lingua francese) per conoscere meglio la Custodia di Terra Santa e per comprendere ciò che rimane nelle memorie di questa storia passata e superata (speriamo!).

(traduzione dal francese a cura di Antonio Giuliano)

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