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Di ritorno a Londra…

27/12/2006  |  Milano
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Reduci dal breve pellegrinaggio ecumenico a Gerusalemme e Betlemme, i quattro principali leader religiosi cristiani britannici hanno condiviso le loro impressioni con i fedeli, durante i riti natalizi. Ma ancor prima le voci del primate anglicano e del cardinale cattolico sono state amplificate dai mass media. Non senza qualche clamore, suscitato soprattutto dalle parole dell'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams.



(g.s.) – Si è svolto senza intoppi il pellegrinaggio lampo a carattere ecumenico realizzato in Terra Santa da quattro responsabili delle Chiese cristiane del Regno Unito tra il 20 e il 23 dicembre.

Il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo cattolico di Westminster, il primate anglicano e arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, il primate della Chiesa armena di Gran Bretagna, Nathan Hovhannisian e il moderatore delle Chiese libere, reverendo David Coffey hanno visitato insieme Gerusalemme e Betlemme e incontrato le autorità religiose locali.

A Gerusalemme la piccola delegazione britannica ha soggiornato presso il Centro Notre Dame e fatto visita al patriarcato greco ortodosso e al patriarcato latino. In una Betlemme ancora vuota di pellegrini per le ricadute del conflitto israelo-libanese della scorsa estate, i quattro ecclesiastici, hanno pregato insieme in piazza della Mangiatoia prima di entrare nella basilica della Natività.

Il breve viaggio è stato seguito con interesse dalla stampa del Regno Unito che ha dato spazio soprattutto alle riflessioni del cardinale e del primate anglicano. Così già durante il soggiorno in Terra Santa sia Cormac Murphy-O’Connor sia Rowan Williams hanno potuto rivolgersi ai loro connazionali tramite la radio e i giornali.

Molto diplomatici i toni del porporato cattolico che ha sottolineato l’intento del viaggio: «un atto di solidarietà nei confronti di una chiesa in qualche misura dimenticata e che ha bisogno di sostegno». A tal proposito, il cardinale ha nuovamente invitato i fedeli della sua diocesi – e tutti gli altri cristiani – a pregare per le comunità di Terra Santa e a dimostrare una concreta solidarietà ritornando in quella regione come pellegrini.

Più «politiche» e graffianti le riflessioni del primate anglicano, messe nere su bianco in un articolo pubblicato dal quotidiano The Times il 23 dicembre (lo riportiamo integralmente in inglese nella sezione Rassegna stampa) e poi riprese dagli altri mass media.

È bastato l’esordio a innervosire il governo Blair. Rowan Williams avvia il suo ragionamento osservando che nei giorni precedenti l’inizio della guerra in Iraq «una previsione è stata spesso proposta e sistematicamente ignorata. L’avvertimento, cioè, che un’azione militare occidentale – in quel momento preciso e con quelle modalità – avrebbe messo a rischio tutta la popolazione cristiana del Medio Oriente. Quei cristiani sarebbero infatti stati visti come sostenitori di un Occidente in atteggiamento da crociata».

Secondo l’arcivescovo le condizioni di vita dei cristiani si sono fatte effettivamente più pesanti in nazioni come l’Iraq, l’Egitto, la Turchia e i Territori Palestinesi. In generale il clima s’è fatto più teso in seno a molte comunità arabe, là dove per secoli le minoranze cristiane avevano convissuto pacificamente con le maggioranze musulmane.

Riferendosi a Betlemme, l’arcivescovo di Canterbury ha scritto: «Il senso di disperato isolamento (provocato dal muro – ndr) è avvertito ancor più acutamente dai cristiani. Un tempo ben rappresentati tra i professionisti e le classi istruite, oggi molti di loro sentono di non avere altra scelta che partire. (…) Così alcune di quelle persone che avrebbero potuto offrire un importante aiuto nella costruzione di una società palestinese più forte e democratica sentono di non avere futuro in Terra Santa: per i fanatici di una parte sono potenziali terroristi; i fanatici dell’altra li guardano come infedeli. Ora come ora, purtroppo, sono i fanatici a fare l’andatura».

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