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In Siria nei castelli crociati

Gioia Reffo
16 ottobre 2006
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In Siria nei castelli crociati
Veduta del Krak des Chevaliers, in Siria. (foto G. Caffulli)

Il deserto siriano ha protetto per secoli la memoria di coloro che hanno tentato di dominarlo. A Palmira e Bosra imponenti fortezze incantano i turisti occidentali con la stessa magia con cui all'inizio del XX secolo avevano affascinato Lawrence d'Arabia. Antiche città romane e chiese bizantine, risalenti ai secoli precedenti la conquista araba, sorvegliano le vie carovaniere abbandonate. Ora anche l'Unesco ha incluso nella lista dei luoghi considerati Patrimonio mondiale dell'umanità due importanti monumenti: il Krak des Chevaliers e il Qal'at Salah ed-Din.


Come in un sogno delle Mille e una notte, il deserto siriano ha protetto per secoli la memoria dei popoli che hanno tentato di dominarlo. A Palmira e Bosra imponenti fortezze incantano i turisti occidentali con la stessa magia con cui all’inizio del XX secolo avevano affascinato Lawrence d’Arabia. Antiche città romane e chiese bizantine, risalenti ai secoli precedenti la conquista araba, sorvegliano le vie carovaniere abbandonate. Oltre alle città di Damasco ed Aleppo infatti, la Siria custodisce castelli unici che sembrano sbucati da qualche romanzo di cappa e spada, e che soltanto da pochi anni sono al centro dell’attenzione degli studiosi.

I castelli crociati e le fortezze musulmane che tra il XII e XIII secolo hanno visto fronteggiarsi gli eserciti per il controllo della Terrasanta sono tra i luoghi oggi valorizzati dal governo siriano per la loro architettura e storia ammantata di leggenda. Anche l’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, ha incluso nella lista dei luoghi considerati Patrimonio mondiale dell’umanità due importanti monumenti: il Krak des Chevaliers e il Qal’at Salah ed-Din.

Costruiti in un ambiente precario e costantemente sotto minaccia, entrambi i castelli sono testimoni, nella loro diversità e contrapposizione, di un periodo storico cruciale: quello dello scontro tra i Regni Latini d’Oriente e le popolazioni arabe che decise il corso futuro della regione.

Prima dell’occupazione da parte dei Franchi nel 1140, il Krak des Chevaliers era chiamato in arabo Hosn al – Akrad, cioè il castello dei Curdi perchè presidiato da una guarnigione di soldati curdi. Gli Ospitalieri ne fecero il loro quartier generale e il centro amministrativo dell’Ordine data la solidità delle sue mura. Un musulmano lo paragonò ad «un osso conficcato nella gola dei Saraceni» posizionato vicino alla città di Homs e neanche il Saladino riuscì ad espugnare il castello, che si estende su una superficie di 25 mila metri quadrati e poteva ospitare fino a duemila uomini. Solo nel 1271 il sultano Baibars riuscì a sconfiggere gli assediati e porre fine alla presenza dei crociati in Siria. La cinta muraria esterna racchiude un altro nucleo fortificato al suo interno. Dotata di una cappella, varie sale, un acquedotto con nove cisterne e otto possenti torri, il Krak rappresenta la simbiosi architettonica che unisce l’esigenza di una fortificazione robusta alla necessità di un luogo di ritiro idoneo alla vita monastica.

Riservato soltanto ai soldati era invece il castello del Saladino che sorge a ovest della città portuale di Laodicea, oggi Latakia. La struttura esterna in rovina nasconde ambienti ancora prefettamente conservati a cui i crociati diedero l’aspetto attuale. Furono i fenici a costruire per primi sul lembo di terra che dalla roccia si affaccia verso la pianura; i bizantini ne fecero un importante punto di riferimento per le comunicazioni della regione fino a quando Robert di Saone, vassallo del principe di Antiochia, lo occupò nel XII secolo. Deve il suo nome al condottiero musulmano che lo restituì agli arabi nel 1188 e decise di conservarne l’impianto originario giunto fino a noi.

Per conoscere più a fondo la storia e l’importanza di queste fortezze, è utile leggere Fortezze di Dio (Mondadori, 2006, pp. 483, 12,80 euro) di Peter Harrison, un agile volume che offre un panorama esauriente di castelli, monasteri, templi in cui l’esigenza difensiva ha modificato la struttura originaria. Lo sguardo dell’autore spazia dall’Irlanda al Bhutan, senza dimenticare l’Etiopia e gli Stati del Caucaso, lungo i secoli che separano i primi anacoreti del deserto dai missionari spagnoli nel nuovo mondo.

Ma una parte importante del libro è dedicata appunto alla Siria, in un saggio che riunisce storia militare, religione e architettura. Il testo è impreziosito da disegni, piantine e fotografie.

 

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