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Museo copto: le radici cristiane dell’Egitto

27/07/2006  |  Il Cairo
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Museo copto: le radici cristiane dell’Egitto
Un affresco esposto nelle rinnovate sale del Museo copto del Cairo.

Il 26 giugno scorso il presidente della Repubblica Muhammad Hosni Mubarak ha inaugurato il Museo copto «restaurato». I lavori di ristrutturazione sono durati due anni e sono costati 30 milioni di lire egiziane (4 milioni di euro). Abbiamo visitato questo«santuario» della memoria cristiana in Egitto.


La notizia era attesa da tempo, soprattutto dagli appassionati di storia della Chiesa: il Museo copto del Cairo è stato riaperto. Qui sono custoditi due millenni di storia, di arte, di religione e di cultura.
L’idea di raccogliere le antichità cristiane dell’Egitto va attribuita all’egittologo Gaston Maspero, che sul finire dell’Ottocento intendeva però esporle in un settore del Museo egizio. L’impresa di un Museo copto si concretizza solo nel 1908 per opera di Morkos Semeika, su un terreno destinato alla costruzione di una chiesa nel Vecchio Cairo, dopo aver ottenuto il permesso del Patriarca Anba Kirillos V e il sostegno finanziario del suo successore AnbaYuannes XIV.

Inaugurato nel 1910 dal sultano Hussein, il museo appartenne al patriarcato copto ortodosso fino al 1931. Da quella data in poi passò in carico dal governo, che lo dichiarò patrimonio nazionale. La collocazione del Museo è di per sé emblematica: il Vecchio Cairo, con le rovine della fortezza romana di Babilonia, la grotta della Santa Famiglia, la prima moschea costruita in Egitto da Amr ben el ‘Ass, la zona di Fostat, dove è stato costruito ultimamente il Museo delle Religioni. Insomma, un spazio sacro alla storia dell’Egitto di ieri e di oggi.

Nel ritrovarlo dopo cinque anni di chiusura nella sua nuova veste, siamo presi da un senso di gioia e anche di orgoglio. Come ha dichiarato il ministro della Cultura Faruk Hosni, questa istituzione può essere considerata tra le più importanti d’Egitto e «tre le più interessanti a livello mondiale sia per il periodo storico che abbraccia, sia per la scelta, la disposizione e la conservazione del materiale archeologico esposto».
Completamente rinnovate le sale interne. Moderne le apparecchiature per l’illuminazione e il controllo elettronico con telecamere e sistemi di allarme.

Il nuovo Museo conta 26 sale, in cui sono esposti appena mille e trecento opere d’arte, sulle trentamila che ne possiede il museo. Come pure su circa seimila manoscritti in lino e papiro posseduti, ne sono esposti appena 191. Ogni sezione è tematica (monasteri, chiese, icone, affreschi, tessuti, manoscritti, metalli, vetri, legno ecc). Di ogni singolo pezzo archeologico esposto viene riportato il numero di catalogo, la provenienza, la data, e la descrizione in tre lingue (francese, inglese e arabo). Il vecchio deposito del museo è stato trasformato in una sala per proiezioni e conferenze.
Tra le novità che meritano d’essere segnalate, il ruolo preminente attribuito (giustamente) al monachesimo nella storia della Chiesa copta e della comunità cristiana d’Egitto. La prima sezione è dedicata appunto a questa esperienza di vita cristiana e dai monasteri proviene buona parte del materiale esposto. E poi preziosi intarsi in legno, risalenti al V-VII secolo, con i simboli dell’Egitto: il Nilo, l’agricoltura, il lotus. Restaurati e portati all’antico splendore tutti gli affreschi e le icone, per opera di esperti egiziani del settore.

Per il momento, purtroppo, non è stata pubblicata nessuna guida turistica sul rinnovato Museo copto. Ma la speranza è che le agenzia di viaggio inseriscano senza indugi nei loro itinerari questa visita. Non si può infatti capire l’Egitto senza conoscerne la bimillenaria storia cristiana

 

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Ernesto Borghi

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