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Gli archeologi nell’Eden

06/07/2006  |  Turchia
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L'archeologia biblica ha recentemente scoperto, in Turchia, delle vestigia che avrebbero fatto da sfondo al racconto biblico della Genesi. In particolare i resti di un nucleo sociale in grado, in pieno neolitico (9000 a. C.), di dar vita a una religiosità viva. Cacciatori seminomadi eressero santuari di notevoli dimensioni dedicati a varie forme divine, in particolare a un dio-serpente.


L’archeologia biblica propone la recente scoperta di vestigia, appartenenti a una realtà storica, che avrebbe costituito lo sfondo del racconto biblico della Genesi. In particolare sono emersi i resti di un nucleo sociale in grado, in pieno neolitico (9000 a. C.), di dar vita a una religiosità viva. Cacciatori seminomadi hanno eretto santuari di notevoli dimensioni dedicati a varie forme divine, in particolare a un dio serpentiforme, che tanto ricorda il rettile edenico del Paradiso terrestre. Simili templi si trovano nell’attuale Turchia orientale, sull’altura di Gobleki Tepe, non distanti dalla pianura in cui sorgeva l’antica Harran, nucleo menzionato nel libro dei Patriarchi.

Proprio sotto l’impulso di una mitigazione climatica si generò quasi spontaneamente l’attività agricola e fu dall’osservazione di una generazione spontanea, che la società di cacciatori e raccoglitori imparò a praticare forme di coltivazione. Tale immagine si sarebbe depositata nella memoria culturale di una società ormai sedentaria (presto sarebbero nati i primi centri urbani nella vicina mezzaluna fertile) e avrebbe finito per fornire un esempio concreto agli israeliti e al narratore biblico.

Per Klaus Schmidt, direttore degli scavi sul Gobleki Tepe, non ci sono dubbi: «Questo enorme complesso sacro è un esemplare unico nel suo genere: presenta colonne addirittura di 50 tonnellate». Insomma il popolo dei cacciatori-raccoglitori di Gobleki Tepe mostra caratteristiche di sviluppato sentimento religioso e si pone alla base di quel lungo processo di evoluzione spirituale che è sfociato nella realizzazione del racconto di Adamo ed Eva.

All’obiezione per cui il racconto biblico della Genesi presupporrebbe come tessuto di riferimento una società con agricoltura già sviluppata (in Genesi 2,15 è detto che Adamo ricevette l’incarico di coltivare e conservare l’Eden), Schmidt risponde facendo rilevare il grado di raffinato sviluppo della popolazione di Gobleki Tepe e soprattutto la sua pratica di un’agricoltura in nuce, già possibile modello del giardino edenico: alberi e piante fruttifere erano note e sfruttate e iniziava in quei secoli la coltivazione di cereali.

Né osta l’origine persiana e quindi ben più recente del termine Paradiso (Pairidaez, in persiano): quando, a metà del I millennio a.C., durante la cattività babilonese, sarebbe avvenuta la stesura di gran parte dell’Antico Testamento, il narratore avrebbe compiuto un processo di normalizzazione, utilizzando un termine a lui contemporaneo per indicare una realtà geografica stratificata da millenni nella memoria collettiva.

Inoltre a supporto di una simile identificazione del modello biblico contribuiscono almeno altri due elementi: la zona individuata pullula di corsi d’acqua, proprio come nell’Eden dell’Antico Testamento; e la grotta della nascita di Abramo, mitologicamente identificata con un’apertura in una roccia nella città di Urfa, dista appena 2 chilometri dal monte con il complesso templare: «la zona costituì un centro religioso con gran peso mitologico nei millenni», conclude Schmidt.

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