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«Da noi la vita di sempre, ma senza pellegrini» dice un francescano

29/07/2006  |  Nazareth
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Nella cittadina della Galilea la vita continua e la gente sembra non preoccuparsi molto della minaccia rappresentata dai razzi lanciati dalle rampe degli Hezbollah in territorio libanese. Ce lo racconta il padre guardiano del convento dell'Annunciazione, l'argentino Ricardo María Bustos.


(g.s.) – Nazareth non ha rifugi antiaerei e fino a pochi giorni fa neppure le sirene per allertare la popolazione. Ora i segnali d’allarme ci sono, imposti dai militari se non proprio voluti dal Comune.

D’altro canto la gente non sembra badarci molto e continua a vivere normalmente. L’unico momento di sconcerto e incredulità si è registrato il 19 luglio scorso – racconta padre Ricardo María Bustos, superiore del locale convento dei frati minori – quando nel pomeriggio caddero due razzi proprio in città (uno uccise due bimbi). Quella sera stessa il leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, andò in tivù per scusarsi con la popolazione araba e musulmana di Nazareth, prosegue fra Bustos.

Da allora sulla città non sono più caduti altri missili. Anche perché l’aviazione israeliana ha perfezionato un sistema di difesa che le consente di individuare e bombardare rapidamente il punto di lancio degli ordigni.

«Solo uno dei due razzi del 19 ha fatto vittime – spiega il francescano -. Il secondo, invece, ha sfondato il tetto di una concessionaria di automobili poco sotto la basilica dell’Annunciazione. Quel giorno era mercoledì e consuetudine vuole che il pomeriggio del mercoledì a Nazareth non si lavori. I dipendenti di quell’azienda se ne erano perciò già andati. Una signora che abita proprio di fronte a quello stabile ha raccontato di aver visto cadere il missile. Lei si trovava sul terrazzo ed è rimasta impietrita avendo solo la prontezza d’animo di invocare la Madonna. Quando l’ordigno è esploso ha proiettato schegge ovunque. Alcune le hanno rotto i vetri di casa e danneggiato la cucina, ma lei è rimasta illesa. Neppure un graffio».

«Questa da noi è stagione di matrimoni, ognuno dei quali è preceduto da chiassose feste serali che si susseguono per giorni. Solo quella sera la città è rimasta silenziosa, quasi sospesa – dice fra Ricardo -. Ora la gente non si fa prendere dal panico nemmeno quando suonano le sirene. Domenica scorsa hanno suonato mentre i fedeli erano per strada per venire alla Messa. Tutti hanno continuato tranquillamente per la loro strada».

«Da noi non è come ad Haifa dove i razzi piovono di continuo. Ciò non toglie che ai gruppi di pellegrini che mi hanno telefonato dubbiosi circa il venire o meno ho consigliato di non venire. Di fatto la Galilea è sotto tiro e sarebbe irresponsabile da parte mia garantire sicurezza. La zona di Tiberiade, Tabgha e Cafarnao, a pochi chilometri da noi, è deserta. Non ci sono nemmeno turisti israeliani e per le stade c’è poco traffico. Da lì si percepiscono chiaramente sia i tuoni dell’artiglieria israeliana sia i boati dei razzi degli Hezbollah».

«Ma la tragedia vera accade altrove: sotto i bombardamenti di Beirut e del sud del Libano e tra i tanti libanesi che hanno dovuto abbandonare le loro case», conclude padre Bustos.

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