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San Giovanni del Deserto. Oasi di preghiera

Giuseppe Caffulli
7 aprile 2006
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Qui ha vissuto il Battista. lui ha riconosciuto in Cristo il senso della vita. Noi siamo chiamati a fare altrettanto.


La luce del pomeriggio filtra appena dall’angusta finestrella scavata nella roccia. Seduti su piccoli sgabelli alcuni pellegrini pregano davanti a un altare incastonato nella nuda parete e sormontato da un affresco che raffigura Santa Elisabetta e Giovanni Battista bambino. Due, tre piccoli ceri rendono l’atmosfera di questa piccola grotta ancora più mistica. Il silenzio è rotto appena in lontananza dal grido degli uccelli che, nel caldo dell’estate, s’inseguono nella valle di Ain el-Habis.

Siamo nell’eremo di San Giovanni del Deserto, nella grotta – ora chiesa rupestre – che secondo la tradizione ospitò Elisabetta e il figlioletto in fuga da Ain Karem. Sempre qui, secondo la tradizione, la cugina di Maria e madre del Precursore, morì e venne sepolta. Per questa ragione fin dai primi secoli cristiani questo luogo fu meta di pellegrini e oggetto di venerazione.

Padre Sergio Olmedo è un giovane francescano cileno. Da alcuni anni è incaricato di questo santuario che è ritornato ad essere un luogo di spiritualità e preghiera per tutti i cristiani di Terrasanta e i pellegrini. Mentre ci illustra i restauri e le opere di conservazione del monastero (la sistemazione della chiesa, ora luminosa e splendida, la strada d’accesso e il parcheggio, la foresteria e le camere per gli ospiti), il vento porta un profumo di fiori ed erbe selvatiche.

“Questo è un luogo di culto – spiega – fin dai tempi antichi. Dopo il periodo crociato, molti sono i pellegrini che si recano in questo posto per onorare la memoria di Giovanni Battista presso il deserto. Già Origene nel IV secolo riteneva che colui che era stato concepito e nato in maniera cosi meravigliosa, si fosse ritirato dalla confusione del mondo, guidato e cresciuto dallo Spirito santo per dimorare nel deserto, dove l’aria è più pura, il cielo più aperto, e Dio più familiare”.

Una convinzione condivisa anche da San Giovanni Crisostomo e San Girolamo. In virtù di questa antica tradizione, le Chiese orientali sono presenti da sempre in questa regione, anche se non ci sono fonti scritte, ma solo la lunga, ininterrotta consuetudine.

Oggi San Giovanni del Deserto, piccola oasi di pace persa tra gli ulivi, sta rinascendo come luogo di preghiera. La sua collocazione geografica, isolata ma non lontano da Gerusalemme, ne fa la cornice ideale per giornate di spiritualità e riflessione.

“Qui arrivano pellegrini cristiani che si sentono attirati dalla maestosità del posto – prosegue padre Sergio – ma sopratutto dall’eredita di Giovanni, dalla grotta e dalla sorgente santa. Una sorgente millenaria, pura, casta e salutare, ritenuta tale anche da molti ebrei, che vi vengono volentieri per la loro purificazione prima di ogni avvenimento religioso, come  ad esempio per lo shabat. Il nostro monastero è dunque anche un punto d’incontro e conoscenza tra le religioni”.

Il cuore del complesso monastico, nella parte inferiore, è costituito dalla grotta, “un luogo che parla da solo, con la sua semplicità”. Più su, sulla cima della montagna, una tomba di epoca romana del primo secolo viene venerata come la tomba di santa Elisabetta, madre del Precursore. Si trova dentro un edificio costruito dai crociati nel XIV secolo, dove abita anche una comunità di religiose luterane che si ispirano alla spiritualità di Taizé, le suore di Grand Champ.

San Giovanni del Deserto, come dicevamo, è attualmente una casa di preghiera, aperta a chi vuole sperimentare un tempo di grazia, un tempo forte di incontro con Dio. Per diverse famiglie religiose di Terrasanta è un punto di riferimento, un luogo dove fermarsi a riflettere a contatto con la natura.

Ma c’è un altro aspetto che a padre Sergio sta particolarmente a cuore: “Oggi il monastero è un punto d’incontro anche per le diverse confessioni cristiane. Qui cristiani latini, ortodossi russi, rumeni ed etiopi si trovano uniti nella comune preghiera a San Giovanni Battista”.

Di cose, per rendere questo luogo sempre più accogliente, ce ne sono ancora da fare (chi volesse mandare un contributo, lo può fare attraverso i Commissariati regionali o direttamente alla Delegazione di Terrasanta di Roma, via Matteo Boiardo 16, ccp 28213007). Ma padre Sergio ha fiducia nella Provvidenza ed è certo del sostegno spirituale del Battista in questa missione: “Il fatto che San Giovanni abbia lasciato le sue orme in questi luoghi spinge noi frati ad essere ancora più fedeli alla nostra chiamata di accompagnare i fratelli  che cercano un senso alla loro vita. Giovanni Battista ha indicato questo senso in Gesù Messia. Noi oggi siamo chiamati a fare altrettanto”.

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