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Elezioni in Israele, la vittoria alle destre

Terrasanta.net
10 aprile 2019
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Elezioni in Israele, la vittoria alle destre
Con la moglie Sara al fianco, Benjamin Netanyahu festeggia la vittoria elettorale a Tel Aviv il 9 aprile 2019. (foto Yonathan Sindel/Flash90)

Dopo il voto di ieri, 9 aprile, Israele si avvia ad avere un altro governo di destra. Netanyahu guadagna terreno. Calano la sinistra e i partiti arabi. S'allontana l'idea di uno Stato per i palestinesi.


(g.s.) – Si avvia a formare il suo quinto governo (il quarto consecutivo) il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dopo la conferma del consenso che la coalizione di centro-destra continua a riscuotere tra gli elettori.

Ieri, 9 aprile, 6 milioni e 300 mila elettori erano attesi alle urne per eleggere i 120 deputati della 21.ma legislatura della Knesset, il parlamento unicamerale di Israele. Si è recato ai seggi il 67,8 per cento degli aventi diritto (furono il 71,8 per cento nel 2015) e quelli disponibili oggi non sono ancora i risultati ufficiali, che arriveranno solo domani, 11 aprile, dopo lo spoglio dei voti espressi da militari, diplomatici e detenuti.

I giochi sono comunque fatti e i due principali contendenti hanno tagliato il traguardo in parità: 35 seggi vanno al partito Likud di Netanyahu (che, col 26,27 per cento dei consensi, manderà in parlamento 5 deputati in più rispetto alla 20.ma legislatura) e altrettanti al Blu e Bianco dell’ex capo di stato maggiore Benny Gantz. La differenza tra i due è che il premier in carica può contare sull’appoggio di una coalizione di centro-destra che, sulla carta, ha 65 seggi, 10 in più rispetto a un’ipotetica, e improbabile, alleanza tra forze di centro-sinistra (ammesso e non concesso che la categoria valga ancora in Israele).

La disfatta laburista

Alcune sorprese riguardano i partiti minori: i laburisti non spariscono dalla scena, ma portano a casa solo 6 seggi (perdendone 12, il peggior risultato nei 71 anni di storia del partito); l’estrema sinistra di Meretz (4 seggi) deve rinunciare a un solo deputato; l’Yisrael Beitenu di Avigdor Liberman si tiene stretti i suoi cinque seggi. Ad oggi non superano lo sbarramento del 3,25 per cento dei voti necessari per entrare alla Knesset la Nuova Destra dei ministri Naftali Bennett e Ayelet Shaked e neppure lo Zehut di Moshe Feiglin che taluni analisti consideravano in rapida ascesa.

Ridotte le perdite per i gruppi che rappresentano l’elettorato arabo: Hadash-Ta’al e Balad-Ra’am avrebbero conquistato 10 seggi (erano 12 nella legislatura appena conclusa).

Requiem per la soluzione a due Stati?

I prossimi passi istituzionali spettano al capo dello Stato Reuven Rivlin che deve affidare l’incarico di formare il nuovo governo, sulla base delle indicazioni che gli daranno i partiti. Anche il nuovo governo avrà probabilmente come timoniere Benjamin Netanyahu e sarà una formazione di centro destra, poco propensa a veder nascere uno Stato palestinese accanto a quello ebraico. A meno che l’ex generale Gantz non decida di aderire con il suo partito a un governo di unità nazionale, come si augura qualche politologo ed editorialista israeliano.

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