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Truppe senegalesi in Arabia per arginare il contagio yemenita

Giuseppe Caffulli
11 maggio 2015
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L’Arabia Saudita si è messa in caccia di alleati nella lotta ormai senza quartiere tra blocco sunnita e blocco sciita (del quale è principale ispiratore l’Iran). E finalmente sembra aver trovato il partner giusto. Secondo la stampa africana, il Senegal si sarebbe detto disponibile a mandare 2.100 militari a sostegno della campagna avviata in Yemen dall’Arabia Saudita.


Problema. Hai appena oltre confine un movimento di ispirazione religiosa potenzialmente pericoloso anche per il tuo Paese. Come fai a difenderti se hai un territorio enorme e ti mancano truppe di terra capaci di controllare i confini?

Il caso riguarda Arabia Saudita e Yemen. Il primo Paese è la roccaforte dell’Islam sunnita wahabita, il secondo (molto, molto più povero) vive una guerra intestina che vede i musulmani sciiti del Nord contro il presidente Hadi e lo schieramento sunnita che lo sosteneva. Per parlare del presidente Abd-Rabbu Mansour Hadi è giocoforza usare il passato. Da oltre due mesi l’Arabia Saudita sta conducendo una campagna di raid aerei contro le postazioni occupate dai ribelli al-houthi (sciiti) e a sostegno del governo. Ma senza grandi risultati, al punto che Hadi, dopo essere stato costretto ad abbandonare la capitale Sanaa, ha anche lasciato il Paese, rifugiandosi a Gibuti.

Di fronte alla gravità della situazione, e con il rischio che le truppe houthi concepiscano la malsana idea di varcare il confine (possibilità remota, ma impossibile da escludere del tutto), l’Arabia Saudita si è messa in caccia di alleati nella lotta ormai senza quartiere tra blocco sunnita e blocco sciita (del quale è principale ispiratore l’Iran).

E finalmente sembra aver trovato il partner giusto. Secondo la stampa africana, il Senegal si sarebbe detto disponibile a mandare 2.100 militari a sostegno della campagna avviata in Yemen dall’Arabia Saudita. Ad affermarlo è il ministro degli Esteri senegalese, Mankeur Ndiaye, in risposta a una richiesta di aiuto arrivata da Riyadh.

Cosa ci andranno a fare i soldati di Dakar nel deserto saudita? Il loro compito sarà appunto quello di garantire la sicurezza dei confini tra Arabia e Yemen, migliaia di chilometri di sabbia e dune. Toccherà a loro fare quel «lavoro sporco» che le truppe di Riyadh non sono in grado o non vogliono fare.

La decisione del governo senegalese ha suscitato nel Paese africano un vero putiferio. Per parare il colpo, il ministro Ndiay si è affrettato a dire che la missione servirà a proteggere le città sante dell’Islam, Medina e Mecca in testa. Ma la scusa appare non del tutto credibile.

Secondo l’opposizione, la vera ragione dell’impegno del Senegal in una guerra lontana e totalmente estranea al Paese, è di ragione tutt’altro che religiosa. È vero che i senegalesi sono per la maggior parte musulmani sunniti, ma è probabile che ad attirare in Arabia Saudita i soldati di Dakar – più che la fede – siano i petrodollari promessi da Riyadh.

Non è ancora chiaro se e quando i soldati senegalesi saranno operativi. Resta anche da capire il quadro giuridico in cui verrà inserita la missione: non risulta che sia stata autorizzata in sede Onu o in alcun ambito internazionale (sempre che ormai queste risoluzioni servano a qualcosa, nel marasma mediorientale).

Ma la paura più grande manifestata dall’opinione pubblica senegalese (e prontamente rilanciata dai quotidiani di Dakar) è legata anche alla possibilità di esporre il Paese, in virtù dell’impegno militare contro gli sciiti yemeniti, a ritorsioni terroristiche. Oltre a scoraggiare investitori stranieri e turisti dal visitare il Paese.

(Su Twitter: @caffulli)

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