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Iraq, a Mosul cristiani di nuovo in fuga sotto l’avanzata islamista

Terrasanta.net
11 giugno 2014
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La comunità cristiana di Mosul, in Iraq, una delle più antiche del Medio Oriente, potrebbe scomparire per sempre. Ieri, infatti la città, che conta quasi tre milioni di abitanti, è passata sotto il controllo dei miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, un gruppo vicino ad Al Qaeda.


(g.c.) – La comunità cristiana di Mosul, in Iraq, una delle più antiche del Medio Oriente, potrebbe scomparire per sempre. «Ormai tutti i fedeli hanno abbandonato la città – ha denunciato monsignor Amel Shimon Nona, arcivescovo caldeo di Mosul alla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre –. Chissà se potranno mai farvi ritorno…».

Ieri infatti Mosul, che conta quasi tre milioni di abitanti e si trova 350 chilometri a nord della capitale Baghdad, è passata sotto il controllo dei miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Isil (questo è l’acronimo) è un’organizzazione vicina, per metodi e finalità, ai terroristi di Al Qaeda. Da anni combatte in Iraq e Siria per instaurarvi un califfato islamico. La conquista di Mosul è una preoccupante accelerazione verso il totale caos dell’Iraq.

Secondo gli osservatori, dopo l’ingresso in città dei miliziani islamici, centinaia di migliaia di persone sarebbero fuggite riversandosi nella piana di Ninive o verso il confine con la Turchia. Tra di essi anche molti cristiani. Sulla carta – secondo quanto riporta l’Annuario pontificio 2013 – sarebbero oltre 50mila i cattolici locali: circa 14 mila caldei e 42 mila siriaci. Una comunità antica (le sue origini risalgono al Secondo secolo d.C.) ma viva grazie a 27 parrocchie, una settantina di sacerdoti e oltre mille nuovi battezzati nel 2013. In realtà, negli ultimi dieci anni moltissimi cristiani avevano già deciso di fuggire, considerando insostenibili le condizioni di vita del Paese. Secondo il sito di informazione inglese Iraq body count, dal 2003 – anno dell’invasione americana dell’Iraq – ad oggi, sono state sono 130 mila le vittime del disordine e della violenza. Una situazione che va via via peggiorando: dal 2012 al 2013, infatti, i morti sono raddoppiati (passando da 4.500 a 9.500); e nei primi cinque mesi del 2014 hanno superato le 5 mila unità. Non solo: secondo l’Onu alla fine del 2013 i rifugiati presenti in Iraq erano 1 milione e 591 mila, di cui 350 mila profughi siriani e un milione sfollati interni iracheni.

«Mai avevamo assistito a qualcosa di simile. Una grande città come Mosul in preda al caos e ai gruppi che l’hanno attaccata – racconta monsignor Nona –. L’esercito ha cominciato a bombardare (i miliziani islamici), ma poi nella notte tra ieri e lunedì, improvvisamente le forze armate e la polizia hanno abbandonato Mosul, lasciandola in balia degli aggressori».

In queste ore si è diffusa la notizia di attacchi da parte dell’Isil a quattro chiese e un monastero. «Continuiamo a pregare perché il nostro Paese possa finalmente trovare la pace – afferma monsignor Nona -. Non è semplice dopo tanti anni di sofferenze, ma noi cristiani iracheni siamo saldi nella nostra fede e dobbiamo conservare la speranza, pur nella persecuzione. È un’enorme sfida, soprattutto dopo quanto è accaduto in questi giorni».

Lo scorso febbraio Isil aveva preso il potere nella città siriana di Raqqa imponendo ai cristiani la jizya, una tassa riservata ai non musulmani, instaurando così per legge un sistema di discriminazione. Anche impauriti per quanto avvenuto in aree vicine, molti cristiani di Mosul hanno preferito andarsene.

Oltre a Mosul, i miliziani di Isil ieri hanno preso una seconda città settentrionale, Baiji, dove si trova la più grande raffineria di tutto l’Iraq. Questa azione conferma la strategia di «sabotaggio economico» che i fondamentalisti islamici hanno sempre attuato in Iraq, prediligendo azioni contro gli oleodotti che portano il petrolio iracheno verso l’estero, causando in questo modo un danno finanziario al governo.

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