Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Chi ha paura del cinguettio

di Giuseppe Caffulli
23 aprile 2013
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Dopo la Primavera sbocciata nel 2011 per molti governi arabi è diventata una vera e propria ossessione. In Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Arabia Saudita e Kuwait si sono celebrate decine di processi, con conseguenti condanne contro il popolo di Twitter e di Facebook. L’accusa? Quella di aver espresso coram populo opinioni e commenti contrari all'Islam o critici nei confronti di leader politici.


Dopo la Primavera sbocciata nel 2011 al Cairo, in Piazza Tahrir, per molti governi arabi è diventata una vera e propria ossessione. In Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Arabia Saudita e Kuwait si sono celebrate decine di processi, con conseguenti condanne contro il popolo di Twitter e di Facebook. L’accusa? Quella di aver espresso coram populo opinioni e commenti contrari all’Islam o critici nei confronti di leader politici. Tra i Paesi che si sono distinti per protervia nei confronti dei social network, Kuwait e Qatar. A Kuwait City la corte ha condannato a cinque anni di carcere Musallam al-Barrak, leader dell’opposizione, per presunti insulti contro l’emiro Sheikh Sabah al-Ahmad al-Sabah pubblicati su Twitter. In Qatar Muhammad Rashid al-Ajami, poeta, è stato condannato all’ergastolo (poi la pena è stata ridotta a 15 anni) per aver pubblicato su Twitter, Facebook e YouTube versi inneggianti alla Primavera araba e considerati «non elogiativi» nei confronti dell’emiro Hamad bin Khalifa Al Thani.

Ma a destare maggiore preoccupazione è la deriva sempre più autoritaria che sta vivendo la Turchia, dove 10 mesi di reclusione sono stati comminati a Fazil Say, pianista noto anche all’estero, per alcune frasi dispensate attraverso i social network contro il partito di governo di Recep Tayyip Erdoğan (accusandolo in pratica di avere un’agenda segreta per trasformare la Turchia in un Paese islamista). La condanna, curiosamente per blasfemia e offesa dell’Islam, preoccupa fortemente giornalisti e artisti turchi, che vedono crescere la stretta sulla libertà di stampa e di pensiero messa in atto dal governo di Ankara. Sembra strano, ma dalla Primavera araba in qua, basta un cinguettio per mettere in crisi il Palazzo.

(Twitter: @caffulli)

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