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Il sacro, patrimonio di tutti

Terrasanta.net
15 gennaio 2018
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Il sacro, patrimonio di tutti

La bizantinista Silvia Ronchey propone un originale percorso di riscoperta del sacro, tra Oriente e Occidente, in una circolazione di elementi che accomunano le civiltà. E confuta così l'idea di scontro.


Non è forse un caso se una studiosa della civiltà bizantina – quello straordinario universo religioso, politico, artistico e militare che per oltre un millennio ha gravitato intorno a Costantinopoli – vada alla riscoperta del sacro. Perché Bisanzio è l’emblema storico di una circolazione ininterrotta tra Oriente e Occidente di elementi della nostra cultura, che oggi ci riguardano da vicino, nel momento in cui si parla di guerre di religione o di scontro di civiltà. Silvia Ronchey nega questo scontro con una operazione originale, che offre strumenti per capire il presente, attraverso la ricerca delle radici nascoste del sacro. Ibridazioni, sincretismi, scambi di mitologie tra le grandi religioni monoteiste e non solo. Venticinque tracce conducono a scoprire un’unica civiltà attraverso la circolazione di storie, simboli, elementi che vengono sia dal passato storico sia dal profondo della nostra psicologia. Con un approccio laico al fatto religioso, stimola il lettore credente, ma anche la persona che sente semplicemente un richiamo del sacro o ricerca una nuova spiritualità (si pensi all’interesse oggi diffuso per il buddhismo, la mistica islamica o della tradizione giudaica).

Alcuni esempi sorprendenti: la falce della mezzaluna crescente che sventola sulle bandiere turche a Istanbul, come su tanti vessilli di Paesi a maggioranza musulmana, è anche l’emblema di Artemide Diana ed è tra gli attributi di Maria nel cristianesimo bizantino, insieme alla corona di stelle, la Madonna con la falce di luna sotto i piedi. Secondo la tradizione, fu l’imperatore Costantino a dedicare alla Vergine la città da lui fondata sul Bosforo, aggiungendo la stella alla mezzaluna di Diana, in una unione di paganesimo e cristianesimo.

Una figura come il dio Mitra, la cui credenza nasce nell’India vedica, attraversa la Persia e giunge nell’antica Roma, ha come giorno di nascita il solstizio d’inverno, quella festa della luce che è per i cristiani il Natale. Si diceva che anche Mitra fosse nato in una grotta, adorato dai pastori.

La modernità ha portato a una «democratizzazione» del fatto religioso: non è più soltanto una élite di colti a conoscere la commistione tra Oriente e Occidente. Di fronte a temi spesso carichi di contraddizioni, come la croce uncinata (svastica), con la mutazione dei suoi significati, o il culto delle reliquie, il libro aiuta a demistificare e costruire un approccio diverso, non fideistico, ma nemmeno polemico verso le religioni. Perché contrasti dottrinari, liturgie, miti di fondazione vivono di prestiti, imitazioni. Conoscerli ci rende consapevoli di elementi costitutivi della nostra memoria collettiva che l’uomo moderno ha rimosso. Come la cattedrale sommersa della leggenda bretone, emettono rintocchi, suoni lontani che possono essere ancora sentiti dal profondo. (f.p.)


Silvia Ronchey
La cattedrale sommersa
Alla ricerca del sacro perduto
Rizzoli, Milano 2017
pp. 254 – 19,00 euro

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